Lo scontro Raggi–Berdini sullo stadio della Roma ha un motivo preciso. Anzi, un volume esatto: 550 mila metri cubi di cemento. La cifra rappresenta la differenza tra la trattativa morbida imbastita nella Conferenza dei servizi dal Campidoglio con i soggetti proponenti dell’opera (Parnasi e la Roma) e l’intransigenza dell’assessore all’Urbanistica. Il progetto tecnico prevede volumi per un milione di metri cubi tra stadio e opere collegate, tra cui i tre super grattacieli del business park progettati dall’archistar Daniel Libeskind. Per Berdini non si può fare, troppo cemento e troppo business per i costruttori privati. E soprattutto l’assessore, che rischia di saltare prima di gennaio, ribadisce il suo motto: «Opere pubbliche con soldi pubblici». Così la controproposta è stata di «250 mila metri cubi», rivela Berdini. Praticamente solo lo stadio, non un metro cubo di cemento in più, anche se questo significherebbe rinunciare a 440 milioni di euro «privati» e, soprattutto, tirare una riga sul progetto originale per ripartire da capo con lo studio dell’area. Eventualità che il Campidoglio non è nelle condizioni né politiche né economiche di sostenere per il rischio (nel caso, sarebbe una certezza) di una maxi-causa per il risarcimento dei danni.
Lo choc è stato forte per Raggi e il vice sindaco Daniele Frongia che, dopo il nullaosta arrivato da Beppe Grillo, avevano aperto all’offerta Roma-Parnasi di una sforbiciata alle cubature fino a 800 mila metri cubi con rilancio del verde (10 mila alberi: secondo polmone della Capitale). Piccole modifiche, insomma, che rappresentano una soglia sulla quale poter iniziare una discussione nel merito in vista del completamento dell’iter amministrativo: il 6 febbraio termina (virtualmente) la Conferenza dei servizi e all’ultimo giro di tavolo il progetto dovrà allegare la variante urbanistica approvata in Consiglio comunale.
(Corriere della Sera)
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