Tutto come previsto e annunciato: la Conferenza di Servizi, come organo tecnico, si chiude con un “no” al progetto di costruire lo Stadio della Roma di Tor di Valle basato sulla delibera Marino. Poi, interviene la politica e, con un escamotage degno del Mandrake del film Febbre da Cavallo, prolunga ancora i termini di chiusura reale dei lavori.
A metà pomeriggio, infatti, arriva la nota della Pisana: “La Regione Lazio ha concluso con esito negativo la Conferenza dei Servizi, prendendo atto dei pareri trasmessi dalle varie amministrazioni interessate e ribaditi, alla fine di marzo, con i pareri negativi dei Rappresentanti unici di Roma Capitale e della Città Metropolitana. Gli Uffici della Regione hanno contestualmente comunicato ai proponenti l’avvio della chiusura del procedimento, come prevede la legge, sottolineando il mancato completamento della variante urbanistica da parte di Roma Capitale e l’avvio del procedimento di apposizione di vincolo relativo alla porzione dell’immobile denominato “Ippodromo Tor di Valle” e area circostante da parte del Mibact”.
Insomma, giochi che, sembrerebbero, chiusi. Poi, però: “Il proponente, anche considerando che Roma Capitale, con propria deliberazione di giunta comunale del 30 marzo, ha avviato il procedimento di revisione del progetto come condizione necessaria per la dichiarazione di interesse pubblico, avrà tempo fino al 15/06/2017, data ultima per l’eventuale apposizione del vincolo da parte del Mibact, per presentare le controdeduzioni, anche mediante una diversa formulazione che, mantenendo le opere pubbliche e di interesse generale e garantendone la contestuale esecuzione con quelle private, potrà determinare l’avvio di una nuova conferenza dei servizi”. Tradotto: se fate in tempo a portare la nuova delibera e il collegato nuovo progetto, riapriamo tutto.
Infine, la stoccata politica: “Si chiude una prima fase richiesta dal Comune di Roma Capitale che, per 7 mesi, ha impegnato molte pubbliche amministrazioni anche a decifrare pareri confusi e contraddittori. Auspichiamo che la revisione, da poco avviata, per modificare il progetto sia rapida e chiara, a garanzia dell’interesse pubblico”. Insomma, la Regione rivendica di aver fatto tutto il possibile per andare incontro alle esigenze della Roma. Ora è il Comune che deve muoversi o finirà per doversi assumere l’onere della bocciatura finale di tutto con un nuovo inizio dell’iter con almeno 12 ulteriori mesi di ritardo.
(Il Tempo – F. Magliaro)
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