Sarebbe scaduto da due giorni il termine a disposizione del Comune, secondo la legge 241/90, per presentare alla Regione il progetto di fattibilità del nuovo stadio della Roma. O quanto meno per pronunciarsi sulla possibilità di mandarlo in Regione. Tutto però tace dopo le uscite di fine giugno di Paolo Berdini (assessore in pectore all’urbanistica, non ancora nominato) che aveva annunciato in un’intervista a Il Sole 24Ore: «Mi dicono che la documentazione è stata analizzata e approvata dagli uffici comunali. I dirigenti mi hanno comunicato che giuridicamente e tecnicamente è tutto in ordine e quindi il dossier è stato formalmente trasmesso alla Regione Lazio per l’avvio della conferenza dei servizi. Se veramente le cose stanno così — ma io non ho visto il provvedimento — lo stadio della Roma non è più una questione comunale e del mio assessorato. Ora il procedimento dipende solo dalla Regione». E in Regione, fanno sapere, nessuno ha mai ricevuto niente, né allora, né l’altro ieri, giorno della scadenza. Di più: in Regione argomentano che il gioco che sta facendo il Comune a guida pentastellata — e il Movimento 5 Stelle si è sempre dichiarato contrario al progetto parlando di “scempio” dell’agro romano, di progetto inutile, di inutile spreco di risorse che potrebbero, per dire, essere impiegate per riqualificare Tor Bella Monaca invece di costruire infrastrutture in una zona da zero abitanti — è quello di scaricare il barile in via Cristoforo Colombo, sulla soglia della sede regionale.
L’idea sarebbe dunque di mandare il progetto così come approvato o non approvato o con osservazioni o con la richiesta di altri documenti dei vari dipartimenti, alla Regione. I vari dipartimenti comunali e i loro funzionari capo sono però bloccati, perché per una faccenda tanto delicata e complicata c’è bisogno di un ok della politica. Il passo successivo sarebbe quello di aspettare che la Regione dica “sì” per poi addossare a Zingaretti la “responsabilità” dell’approvazione del progetto tanto discusso e osteggiato dalla base grillina. Peccato, però, spiegano ancora, che affinché il progetto sia approvato c’è la imprescindibile necessità che venga votata una variante del piano regolatore dal consiglio comunale di Roma, a maggioranza pentastellata: «I consiglieri del movimento dovranno perciò alzare la mano e approvare una variante importante» dicono alla Pisana. «Lavarsene le mani addossando eventualmente alla Regione la responsabilità di un progetto tanto “impattante” non avrebbe perciò l’effetto sperato: perché approvare una delibera di interesse pubblico non comporta automaticamente un cambiamento del piano regolatore. Ci dovranno mettere la faccia». Intanto la Roma, che aveva già un calendario e una scansione per il progetto i cui lavori avrebbero dovuto avere inizio nei primi mesi del 2017 con l’obiettivo di giocare a Tor di Valle nel campionato di calcio 2019-2020, potrebbe ricorrere al Tar e chiedere la nomina di un commissario ad acta. Anche perché i numeri sono quello che sono: uno stadio da 52.500 posti (per arrivare anche a 60mila), delle archistar alla progettazione come Dan Meis, Daniel Libeskind e Andreas Kipar. E poi: anche tre grattacieli nei 63 ettari di verde pubblico.
(La Repubblica – R. Cappelli)
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