Quattordici giorni e, se non interverranno ritardi, la Soprintendenza di Stato metterà fine alla querelle sull’apposizione del vincolo architettonico, avviata a febbraio scorso, sull’ippodromo di Tor di Valle. Soprintendenza che, da quanto trapela, è tutt’altro che compatta sulla decisione da prendere. Pesa come un macigno il via libera iniziale dato nel 2014, durante la Conferenza di Servizi preliminare: quello doveva essere il momento giusto per dire «no, signori, qui non potete toccare nulla perché l’ippodromo progettato da Lafuente è un’opera che va tutelata» Invece all’epoca nessuno disse nulla, quasi che l’ippodromo neanche esistesse. Se ne rese conto Margherita Eichberg – fino alla riforma Franceschini, soprintendente a Roma – che, dopo un colloquio a novembre con il più autorevole studioso di Lafuente, il prof. Giorgio Muratore, percepì la necessità di tutelare il bene. In quanto rappresentativo di un «momento culturale», le Olimpiadi del 1960. Anche perché altri vincoli (quello «classico» prevede che l’opera abbia almeno 70 anni di vita) non possono essere apposti.
Ora manca poco alla decisione finale, che potrebbe, forse, essere rallentata dalla nomina dei nuovi vertici della direzione regionale del Lazio della Soprintendenza. Ma, in sostanza, il timore è che il via libera del 2014 e il «ripensamento» della Eichberg del 2017 possano esporre il Ministero a una bocciatura sonora al Tar. Che, dopo la questione dei direttori dei musei, sarebbe una iattura. A sostegno del vincolo si schiera Italia Nostra che ha inviato, nei giorni scorsi, una lunga memoria per chiedere di apporre definitivamente il bollino rosso sull’ippodromo. In questo testo Italia Nostra sostiene che la Soprintendenza, nel 2014, non era nelle condizioni di potersi esprimere vista la fase preliminare dei progetti e ribadendo il «valore architettonico» dell’opera di Lafuente.
Lato proponenti, un paio di settimane fa, sono arrivate le obiezioni al vincolo, tenute in strettissimo riserbo: in sostanza, sostengono la Roma e Parnasi, la Soprintendenza non solo non può dire di «scoprire» un’opera che esiste da 50 anni solo alla fine dell’iter, ma anche che il vincolo «culturale» non può essere accettato dato che l’ippodromo non fu utilizzato per ospitare nessuna competizione delle Olimpiadi del 1960. Intanto, ieri, è andata in scena la seduta congiunta delle Commissioni Urbanistica e Mobilità con un feroce battibecco fra l’assessore Luca Montuori e la consigliera pentastellata Cristina Grancio che ha (quasi) urlato a Montuori: «Vai dietro a Parnasi. È offensivo chiedere di votare in Aula una delibera, perché se non c’è un presupposto di solidità economica non si può firmare un contratto con Eurnova», aggiungendo, «come si può votare entro il 15 giugno un progetto su un’area sotroposta a vincolo» (che non c’è ancora, appunto). Durante l’incontro Montuori e Linda Meleo, la titolare della mobilità, hanno illustrato le linee essenziali del nuovo progetto specificando che l’iter di approvazione in Consiglio comunale andrà avanti a prescindere dalla questione del vincolo architettonico. La Meleo ha ribadito che gli studi sui flussi di traffico dimostrano che non c’è necessità di interventi sulle stazioni di scambio fra la Roma-Lido e la metro B e che le simulazioni attestano la bontà del ponte dei Congressi mentre Montuori ha confermato: il ponte di Traiano sarà autorizzato ma non pagato in alcun modo dal Comune.
(Il Tempo – F. M. Magliaro)
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