Virginia Raggi

Chiamata a dire la sua sulle grandi partite economiche della Capitale, il sindaco Virginia Raggi semplicemente non risponde. Il 2017 si è aperto con un lascito di compiti per casa che la prima cittadina si porta dietro dallo scorso anno, questioni che hanno bisogno di risposte immediate e rischiano di far cadere la città nella paralisi. La più attuale riguarda il nuovo stadio della Roma. Il progetto di Tor di Valle, sponsorizzato dal gruppo Parnasi che dovrà costruire la struttura e sostenuto dalla banca Unicredit (che di Parnasi è il più importante creditore), è fermo. La distanza di vedute tra l’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini (fedele fin dall’inizio alla sua posizione ispirata ad un taglio deciso delle cubature), e il sindaco che invece sarebbe disponibile a una sforbiciata indolore, ha bloccato l’iter della costruzione. Il termine previsto dalla Conferenza dei servizi aperta dalla Regione Lazio è il 1° febbraio, una data che il Campidoglio faticherà a rispettare e oltre la quale si dovrà riaprire un nuovo e lunghissimo percorso burocratico.

Ignorate le lamentele dei tifosi della Roma e della stessa società che promette un ricorso legale e la richiesta di danni al Comune qualora l’operazione saltasse, l’immobilismo della Giunta si sposta su un altro centro economico strategico: la Fiera, anzi le Fiere di Roma. Nello scorso agosto, in soli tre giorni, commissione, giunta e consiglio comunale hanno stabilito una riduzione delle cubature del 30% per chi l’acquisterà. A parte il taglio netto all’edificabilità dell’area, opinabile ma comunque fedele alla filosofia Cinque Stelle, ancora oggi non è stato trasmesso alcun documento in Regione, quindi di fatto la vendita della vecchia Fiera è ferma. Questo ha un riflesso immediato sulla Nuova Fiera, che senza incassare la provvista derivante dalla vendita della struttura sulla Cristoforo Colombo, rimane schiacciata dai debiti e costretta a mettere sul mercato una parte dei suoi padiglioni. Non è tutto, perché se il modello Roma per anni ha prodotto ricchezza puntando sui servizi, sul turismo e sulla cultura, le leve di questo sviluppo sembrano ignorate dalla nuova amministrazione. L’impianto organizzativo della Festa del Cinema di Roma che si dovrà tenere a novembre è ancora in alto mare e questo perché il 19 dicembre scorso, in piena crisi per l’arresto di Raffaele Marra, il Campidoglio ha mandato deserta la riunione della Fondazione Cinema annunciando che non avrebbe inviato un suo rappresentate.

Ha subito lo stesso trattamento AltaRoma, fiore all’occhiello dell’industria della moda nella capitale. Il Campidoglio aveva già annunciato l’uscita dal capitale della società sotto la giunta Marino, garantendo però il suo sostegno organizzativo. Con l’arrivo di Virginia Raggi tutto è cambiato, il Comune non ha partecipato all’ultima assemblea di AltaRoma accompagnando la sua assenza con una fredda lettera in cui si spiega che al Campidoglio non interessa dare il suo contributo o prendere parte a queste attività. La collezione dei “no” comprende anche la riqualificazione dei Mercati Generali dell’Ostiense, quella delle torri Telecom all’Eur, il ruolo del Comune sul futuro del Teatro dell’Opera. È lecito domandarsi cosa sia strategico per la nuova Giunta, e quale sia il modello di sviluppo della città sul quale il sindaco vuole puntare per risollevare una capitale senza occasioni di rilancio. Gli sprechi vanno combattuti, così come ha fatto la Raggi in occasione dell’inaugurazione della Nuvola di Fuksas, ma dopo le giuste critiche bisogna capire cosa sarà del nuovo polo fieristico che, a parte l’impegno di Eur spa, ha bisogno del sostegno del Campidoglio per attirare investitori da tutto il mondo.

(La Repubblica – D. Autieri)



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