Per lo stadio della Roma torna lo streaming. Ieri in commissione Sport si è cominciato a discutere la delibera di annullamento dell’interesse pubblico ed è stato trasmesso tutto in diretta, con commenti di questo tenore: «Avete mai chiesto ai residenti di quel quadrante cosa ne pensano? No perché altrimenti queste pagliacciate le avreste evitate». La commissione non si è conclusa con un voto: ormai la questione stadio scotta, si prende tempo, si chiedono pareri su pareri perché se la Procura è già intervenuta con indagini, e arresti eccellenti, anche i politici vogliono capire cosa c’è dietro l’opera. Protagonista della commissione è stata la consigliera Cristina Grancio, espulsa dal M5S perché aveva fatto troppe domande sullo stadio. Ma ora quelle domande se le fanno tutti, anche i suoi ex colleghi del M5S. Ieri c’erano due grandi assenti pentastellati: Gemma Guerrini che si è fatta sostituire da Pietro Calabrese e il capogruppo Giuliano Pacetti. La giustificazione ufficiale è che erano impegnati con la Città Metropolitana.
OPPOSIZIONI – Erano presenti invece il presidente di commissione Angelo Diario per cui lo stadio «prima si fa e meglio è», Daniele Diaco poco interessato alla grana, Sara Seccia che alza le mani: «Io non sono un’urbanista, qui ci occupiamo di sport», ma capendo che la situazione è delicatissima ha sposato in toto la richiesta delle opposizioni di avere tutti i pareri ma soprattutto di desecretare il parere dell’Avvocatura prodotto da Andrea Magnanelli sui profili di illegittimità del progetto e delle delibere che stabiliscono l’interesse pubblico. Su questo le opposizioni sono state durissime: «É urgente renderlo subito trasparente». Grancio ne ha letto dei passaggi in commissione. I più scottanti riguardano la scelta dell’area di Tor di Valle come «difetto di motivazione». «È prioritario – c’è scritto nel parere Magnanelli letto da Grancio – per il legislatore il recupero degli impianti esistenti e realizzate in aree già edificate. La scelta di realizzare un impianto del tutto nuovo in area non edificata richiede un’adeguata ed esauriente motivazione». Altrimenti «l’intero procedimento si porrà al rischio di annullamento nelle competenti sedi giuridiche e giurisdizionali. Nella deliberazione in esame, così come nello studio di fattibilità, la questione non viene minimamente trattata con evidente violazione degli obblighi di motivazione, se non anche come avremo modo di dire: violazione di legge».
«Il mio voto non è scontato, bisogna capire e leggere bene tutte le carte», dice la new entry M5S, l’architetto Carlo Maria Chiossi. Ad assistere alla seduta si è presentato anche l’ex capogruppo M5S Paolo Ferrara. Grancio ha scritto anche al Dipartimento Urbanistica chiedendo perché «i valori di trasformazione non sono aggiornati, fermi al 2014 e identici alla delibera di Marino. Perché può aver significato un regalo di decine di migliaia di metri cubi alla società di Parnasi ed un potenziale danno erariale», spiega Grancio che nella lettera avverte: «Se non avrò riscontri manderò tutto alla Procura». Pietro Calabrese non è mai intervenuto, pur essendo uno strenuo difensore del progetto stadio. Ma ha lasciato i lavori della commissione prima degli altri per andare in commissione Mobilità a parlare delle tre fermate metro A chiuse. Perché mentre ieri si discuteva di un’opera che non esiste e che il Politecnico di Torino ha giudicato catastrofica dal punto di vista dell’impatto viabilistico, fuori la realtà è una Capitale con le tre principali fermate metro del centro storico chiuse, una addirittura da ottobre.
(Il Messaggero – S. Piras)
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