La delibera 132/2014 sarà annullata. Si tratta dell’atto con il quale l’amministrazione Marino, con un voto del consiglio comunale, diede il via al progetto Tor di Valle perché riconobbe il pubblico interesse. L’ultimo parere (secretato) dell’Avvocatura del Comune mette a riparo la giunta Raggi da possibili richieste di danni che i proponenti potrebbero richiedere al Comune nel caso in cui saltasse il progetto. Non solo. Sulla scia del parere legale dello studio Imposimato, anche quello redatto da Andrea Magnanelli (già a capo dello staff legale del Campidoglio ai tempi di Gianni Alemanno) smonterebbe la delibera di Marino. E di rimando la fattibilità del progetto.
Ecco, questi due dati (il mancato rischio di richieste di risarcimento e l’illegittimità dell’atto in sé) hanno in qualche modo rincuorato la grillina. La cui prima mossa dunque potrebbe essere quella di bloccare la vecchia delibera di Marino e di rimodularne una nuova aprendo un’altra trattativa con l’As Roma e i proponenti con due direttrici: spostare di qualche centinaio di metri l’impianto e soprattutto sforbiciare il più possibile le cubature di quello che adesso, agli occhi dei pentastellati e delle associazioni ambientaliste, è un ecomostro: un milione di metri cubi destinati in minima parte allo stadio a favore di tre grattacieli e altre e costruzioni commerciali. Il parere dell’Avvocatura offre dunque uno scudo alla grillina che aspetta per oggi pomeriggio la controproposta sapendo che i tempi sono stretti: il 3 marzo termina la conferenza dei servizi e al massimo ci potrà essere la proroga di un altro mese.
I PUNTI DEBOLI A puntellare la posizione anti stadio nel parere dell’avvocatura c’è anche una parte che va oltre la semplice garanzia che la Roma non potrà ottenere un maxi risarcimento danni. Si dice di più, si dice che quella delibera ha seri problemi di legittimità e dunque il ritiro non è solo fattibile, ma obbligato. Due, tra gli altri, i punti più a rischio: il primo è quello che riguarda la quota di cubature non rappresentate dallo stadio. «La legge – ripetono nel Movimento 5 Stelle, incoraggiati dal parere dell’avvocatura – prevede che le opere non sportive debbono essere quelle strettamente funzionali alla sostenibilità economica del progetto. Ma il rapporto in questo caso è molto sbilanciato, lo stadio rappresenta solo il 15 per cento». Altro tassello: le opere per mettere in sicurezza la zona giudicata a rischio idrogeologico, limitrofa a quella in cui deve sorgere lo stadio, devono essere realizzate prima che la conferenza dei servizi si pronunci sul progetto.
LO SCENARIO Per percorrere la strada dell’annullamento del pubblico interesse, dunque, si userà come puntello il parere dell’Avvocatura del Comune e si dirà alla Roma ciò che Grillo in una delle sue tante esternazioni ha già balenato: lo stadio si deve fare da un’altra parte, anche se questo significa azzerare un percorso cominciato cinque anni fa. Resta un ipotesi secondaria, quella che eviterebbe anche lo scontro con la Roma assai dolorosa anche dal punto di vista della popolarità della giunta Raggi: annullare sì la delibera, ma insistere con la trattativa, ridurre drasticamente le cubature, rivedere l’area di Tor di Valle interessata. Anche in questo caso, però, si rischia di allungare drasticamente i tempi, senza tra l’altro accontentare l’ala dura anti stadio del Movimento 5 Stelle.
(Il Messaggero – S. Canettieri/M. Evangelisti)
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