Lo stadio della Roma s’ha da fare. Alla sindaca Virginia Raggi l’hanno detto chiaro, ieri, i due tutor spediti in Campidoglio dal tandem Casaleggio- Di Maio per scongiurare nuovi tragici errori all’amministrazione cinquestelle della capitale. Non vogliono sentire ragione i parlamentari Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro: segno che la linea dei vertici del Movimento è tracciata. Il partito che governa l’Urbe non può continuare a dire sempre no. Soprattutto non può farsi intimidire dagli umori della base, furibonda per il tradimento degli impegni presi in campagna elettorale e pronta a presentare esposti e denunce qualora il progetto dovesse andare avanti. Anche a dispetto dell’anatema lanciato contro gli attivisti che hanno osato dissentire: «Gli unici titolati a parlare in nome e per conto del M5S sono gli eletti», ha tuonato ieri il blog di Grillo. «Chiunque altro si esprime solo a titolo personale».

E pazienza se adesso a rumoreggiare ci si son messi pure i consiglieri comunali. Che due sere fa, nel corso di una drammatica riunione, hanno demolito il pre-accordo raggiunto martedì dal vicesindaco Luca Bergamo con il dg giallorosso Mauro Baldissoni e l’imprenditore Luca Parnasi. Troppo lievi i tagli alle cubature, in cambio dei quali per di più sacrificare una delle opere pubbliche programmate a compensazione: il ponte sul Tevere per collegare lo stadio alla via del Mare.

All’indomani della sollevazione, l’ordine di scuderia è allora minimizzare lo scontro e far rientrare la rivolta. Facendola passare per una levata di scudi di una sparuta minoranza, non più di una decina di eletti grillini, del tutto insufficienti a bloccare i 700mila metri cubi di cemento previsti, secondo l’ultima bozza d’intesa, nell’area di Tor di Valle. E pertanto ridotta a «normale dialettica interna», anche per non spaventare i proponenti.

Il fatto è che, nonostante il divieto di parlare con la stampa e relative minacce di ritorsioni, il fronte anti-stadista in seno alla maggioranza si ingrossa ogni giorno di più. Sempre più deciso a chiedere l’annullamento della delibera varata dall’amministrazione Marino, affossando così lo stadio e il business park tutto intorno. Esattamente quanto chiesto a gran voce dagli attivisti. E in ciò confortati da un ultimo parere sollecitato all’avvocatura capitolina, che almeno informalmente avrebbe fatto sapere di ritenere possibile uno stop in questa fase. E senza rischi per le tasche dei consiglieri.

Nulla di ufficiale, al momento. Ma abbastanza per studiare una contromossa. Se la maggioranza dovesse insistere, infatti, al prossimo incontro con i rappresentanti della Roma il Campidoglio si presenterà con una sua proposta. Fermare tutto e ricominciare daccapo. Ripartendo dalle cubature, assai più contenute, imposte dal piano regolatore. Ipotesi che tuttavia la società costruttrice ha già detto di non voler prendere in considerazione. Pronta ad aprire una guerra di carte bollate con richiesta di risarcimento milionario.

(La Repubblica – G. Vitale)



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