Il giorno dopo l’intesa tra il sindaco Virginia Raggi e la Roma per la costruzione del nuovo stadio a Tor di Valle, è dedicato quasi esclusivamente alle riflessioni. Perché nella concitazione dell’annuncio avvenuto venerdì in seconda serata dopo la riunione svoltasi a Palazzo Senatorio, sono rimaste inevase alcune domande. Tra queste, quella che ha più catalizzato l’attenzione dei media negli ultimi mesi e che dopo il taglio delle tre torri Libeskind ancora non aveva risposta. Possibile che la Roma e il costruttore Parnasi abbiano accettato di cancellare dal progetto quelle che più volte erano state descritte come la fonte di reddito che doveva tenere in equilibrio tutta l’operazione, mantenendo però l’impegno ad accollarsi le spese di tutte le opere pubbliche? A spiegare perché ciò è possibile, ci pensa Mauro Baldissoni, direttore generale del club giallorosso: «La mancata costruzione delle torri e la conseguente riduzione delle cubature non riguardano certamente la Roma. A noi non interessa la parte Business park, questa riguarda il costruttore. La sostenibilità dell’intero progetto e il resto delle opere pubbliche che fanno capo a Parnasi sono comunque bilanciate perché fanno parte di un calcolo algebrico. Mi spiego meglio. Scendono le cubature? Inevitabilmente calano i costi dell’investimento».

OCCASIONE PERSA – Il rischio che il passaggio successivo possa essere quello di un taglio alle opere pubbliche, è dietro l’angolo. Baldissoni, però, inizialmente frena: «No, non è detto. Non significa che ci sarà necessariamente un taglio delle opere pubbliche ma nelle pieghe del progetto, alcuni soldi che inizialmente si pensava di dover utilizzare come contributo al costo della costruzione (il riferimento è alle tasse da pagare, ndc), non sarà più denaro che metterà direttamente Parnasi se non alla compensazione del calcolo algebrico del quale vi parlavo in precedenza». Poi in un secondo momento, ammette: «Le torri rappresentavano una scelta architettonica valida perché parliamo di un unicum dell’architettura contemporanea. Quindi chi ci rimette è la città, che si vedrà privata di qualcosa di molto particolare. Poi è chiaro che se vengono tolte le torri e al loro posto sorgono degli edifici più piccoli, riducendo le cubature, qualcosa dovrà essere riconsiderato anche nelle opere pubbliche. Doneremo comunque infrastrutture sufficienti a rendere quell’area, e non solo lo stadio, fruibile per i cittadini». Quello che sembra chiaro è che «nonostante le modifiche siamo molto soddisfatti, l’importante era avere l’ok e siamo riusciti ad ottenerlo. Adesso il progetto andrà ripresentato anche alla Regione Lazio. Siamo sicuri che l’ente continuerà a comportarsi egregiamente come ha fatto sinora, rendendo efficiente la procedura anche con le modifiche apportate. Siamo fiduciosi che potremo aprire lo stadio non più tardi della stagione 2020-21».

(Il Messaggero – S. Carina)



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