Una riforma che consente sia di semplificare l’iter di valutazione dei progetti urbanistici, sia di accelerarne i tempi rispetto al passato. Tant’è che adesso al tavolo tecnico per autorizzare o viceversa bloccare la costruzione dello stadio a Tor di Valle, che dovrebbe chiudersi il 3 marzo, non siedono più una ventina di organismi diversi, tra cui — appunto — le soprintendenze statali e comunale, bensì solo quattro soggetti: la Regione, il Campidoglio, la città metropolitana e lo Stato. Il quale, al contrario di quanto accaduto finora, con le nuove norme parla a una voce sola: può, in sostanza, arrivare a bypassare il veto della soprintendenza ai Beni archeologici di Roma senza aspettare che la procedura di apposizione del vincolo sull’ippodromo di Lafuente arrivi a conclusione.
Spiega infatti la ministra Marianna Madia: «Con la riforma della conferenza dei servizi, le regole sono chiare e i tempi certi: lo Stato ha una voce unica per rappresentare la propria posizione. E se alla fine la soprintendenza rimanesse in disaccordo con la decisione presa in conferenza dei servizi, allora sarà il vertice politico, ossia il ministro della Cultura, a poter chiedere, se lo ritiene opportuno, ulteriori approfondimenti, sino a un eventuale Consiglio dei ministri, cui spetterà di esprimere la parola finale sull’argomento».
In soldoni, significa che l’iter avviato dalla dirigente del Mibact non costituisce affatto la lapide sul progetto della Roma perché la riforma del 2015 con la quale sono state depotenziate le varie articolazioni ministeriali — a costo, allora, di una feroce rivolta dei burocrati — ha stabilito la supremazia decisoria dell’organo politico. Toccherà dunque al ministro Franceschini assumersi la responsabilità di una scelta. Che non è detto sia quella della soprintendenza. Anzi. Alla luce del percorso tutt’altro che lineare con cui il veto è stato dichiarato, l’inquilino del Collegio romano potrebbe arrivare a una conclusione diversa. Oppure prendere altro tempo, chiedendo un rinvio della conferenza dei servizi, a patto però che i quattro attori seduti al tavolo siano tutti d’accordo. Anche per far luce sulle reali esigenze di tutela dell’ippodromo. Che certo non risalgono al 2014, come invece sostenuto da Margherita Echberg.
A conclusione della conferenza dei servizi preliminare avvenuta il 25 luglio di quell’anno, infatti, fu presentato un solo parere negativo: quello di Roma Natura. E per una presunta incompatibilità tra la riserva naturale Tenuta dei Massimi con lo svincolo della Roma-Fiumicino. Mentre le soprintendenze (statali e capitolina) rilasciarono allora un parere unificato “di massima favorevole”, sebbene con alcune avvertenze, nessuna delle quali però relative alla tribuna dell’ippodromo, alle coperture e alla pista del trotto. Una “scoperta” degli ultimi mesi. Che ora offre il destro alla giunta Raggi per bloccare tutto e riportare la pace in casa propria.
(La Repubblica – G. Vitale)
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