Un parere legale richiesto dal gruppo M5S in Regione contraddice la narrazione di Virginia Raggi sullo stadio della Roma a Tor di Valle, che è costato l’addio dell’assessore Paolo Berdini e sta scatenando la base grillina. La sindaca dal blog di Grillo ha detto che «c’è la volontà di trovare un accordo» con la Roma e i costruttori ma soprattutto, per tranquillizzare i militanti in rivolta, ha alzato le mani: «Ci siamo trovati un iter quasi a conclusione che in altre parole, significa: causa multimilionaria all’orizzonte che la società potrebbe intentare contro il Comune».

La sindaca ha però nel cassetto da giorni un parere legale richiesto dal gruppo regionale del M5S allo studio Imposimato (legato al giudice Ferdinando, già candidato alla presidenza della Repubblica per il Movimento) che recita il contrario. Secondo il parere, che ieri i consiglieri regionali hanno esibito in un vertice ristretto in Campidoglio, la pubblica utilità dell’opera riguarderebbe solo lo stadio e le infrastrutture, non il gigantesco complesso di negozi, uffici e alberghi che ci nascerebbe accanto. Quindi il Comune avrebbe tutto il diritto ad annullare la delibera che «abbiamo ereditato dal sindaco Marino e dalla maggioranza Pd un progetto con una eccedenza di edificazione del 70% rispetto a quanto previsto dal piano regolatore», ha spiegato la sindaca grillina. Bene, nel parere si fa riferimento a una sentenza del Consiglio di Stato dove «si evince chiaramente che è nella piena facoltà dell’amministrazione comunale ritirare il progetto, considerando che l’iter di approvazione non si è ancora concluso e che la conferenza dei servizi è ancora in corso».

IL DOCUMENTO – Il documento ricorda che la legge consente alle amministrazioni di «effettuare una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario». In questo caso «non scatterebbe neanche l’indennizzo», si legge nel parere. All’ultima parola sul caso manca sempre di meno: entro il 3 marzo, se vuole far sopravvivere il progetto, il Campidoglio dovrebbe riuscire ad approvare, in Giunta e in consiglio comunale, la variante al Piano regolatore necessaria per edificare oltre i 350mila metri cubi previsti nella zona. Questa nuova carta spuntata ieri pomeriggio ha prodotto due effetti: ha tranquillizzato i consiglieri comunali «terrorizzati» da un possibile danno erariale nei loro confronti e allo stesso tempo ha fortificato la fronda interna alla maggioranza, che a questo punto vorrebbe far votare all’esecutivo capitolino un nuovo atto per bocciare l’operazione.

LA FRATTURA – Lunedì sera la spaccatura è stata plastica: durante la consueta riunione di maggioranza in dieci consiglieri (su un totale di 22 presenti) si sono espressi contro l’ipotesi di un accordo che «stravolga il piano regolatore». E cioè la battaglia (persa) da Berdini. Dopo ieri sera e il colpo di scena del parere i critici sono diventati maggioranza. «Non possiamo cercare accordi al ribasso con i privati e andare contro al programma elettorale con cui ci siamo presentati», spiega un consigliere presente al vertice. Ecco perché Raggi ora si trova davanti a un bivio: stretta tra la base in rivolta e i possibili contraccolpi, in termini di popolarità, del «no» allo stadio giallorosso. Un ragionamento che esce fuori dal raccordo anulare e arriva fino a Genova (citofonare Beppe Grillo) e a Milano (sede della Casaleggio associati). I militanti grillini intanto sono pronti a scendere in piazza per ribadire il «no all’Ecomostro». Per l’adunata della «base M5S» c’è già una data: martedì prossimo, proprio sotto il Campidoglio, con l’obiettivo di consegnare alla prima cittadina una bozza di delibera che revochi la controversa operazione immobiliare. C’è già un titolo: «Virginia c’è posta per te». «Sulla vicenda stadio state prendendo una cantonata! – si legge nel documento che presenta la manifestazione – Non seguite quanto è stabilito nel programma e quanto dichiarato in campagna elettorale». E se il pressing sulla sindaca e gli altri consiglieri pentastellati non andasse a buon fine, gli attivisti sono pronti a portare la vicenda in tribunale. Con una doppia causa: penale e amministrativa, davanti al Tar.

(Il Messaggero – S. Canettieri/L. De Cicco)



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