L’ accordo politico tra il Campidoglio a Cinque Stelle e il club giallorosso è stato raggiunto, ma la partita per costruire lo stadio di proprietà dell’As Roma è tutt’altro che conclusa. Perché ora bisogna definire i dettagli tecnici di un progetto decisamente modificato rispetto a quello che a dicembre 2014 aveva ottenuto dall’Assemblea Capitolina il riconoscimento di “pubblica utilità”. Un percorso che, visto il quadro normativo, richiede una nuova delibera che modifichi la precedente e che di conseguenza ha bisogno di essere discussa in una seconda Conferenza dei servizi. La Regione Lazio, a quanto filtra, potrebbe non ritenere possibile un parere positivo nell’attuale Conferenza, visto che è basata su un testo che – secondo le indiscrezioni – verrà pesantemente modificato. Lo dice chiaro l’assessore regionale al Territorio e alla Mobilità, Michele Civita: “Se il progetto cambia, bisognerà richiedere una nuova valutazione tecnica e un nuovo pronunciamento del Consiglio comunale sul pubblico interesse”. Per la conclusione dell’iter autorizzativo, quindi, potrebbe servire ancora un altro anno.

Tutto da rifare, quindi. A meno che le motivazioni che il club e il costruttore Luca Parnasi presenteranno il 3 marzo, per chiedere lo stop di un altro mese della conferenza, non saranno tali da indurre la Regione ad una diversa valutazione. Non a caso ieri sera il dg della Roma Mauro Baldissoni ha teso la mano: “Siamo sicuri che la Regione continuerà a svolgere il suo ruolo di coordinamento anche con le modifiche che saranno apportate”. Ipotizzando l’apertura dello stadio “non più tardi della stagione 2020-2021, nel la migliore del la ipotesi tra il 2019 e il 2020”. Un timing ottimista, visto che quando nel 2012 è stata annunciata la location di Tor di Valle si era parlato del campionato attualmente in corso come il primo nel moderno Colosseo del pallone. Di sicuro il masterplan uscito dall’intesa tra il Comune e il club cambia profondamente l’opera. Via le tre torri, le cubature scendono un milione di metri cubi a480/490 mila, con una conseguente rimodulazione delle opere pubbliche pagate dai privati a servizio dell’arena e del business park. È proprio questo il punto più controverso dell’accordo, considerato il rischio che lo stadio somigli alle tre nuove centralità urbanistiche costruite a Roma nell’ultimo quindicennio, dove prima sono arrivate le opere destinate ai profitti privati e solo molti anni dopo quelle utili alla collettività. Rischio sottolineato da Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente: “La riduzione delle cubature è positiva masi conferma l’errore dell’area scelta, irraggiungibile con la metropolitana”.

Per le infrastrutture di pubblica utilità ora si parla di fasizzazione: alcune verrebbero fatte prima dell’apertura dell’impianto calcistico, altre solo dopo. Tre le opere prioritarie: il raddoppio della via del mare, il restyling della stazione Tor di Valle della ferrovia Roma-Lido e la prevenzione del rischio idrogeologico nella zona del fosso di Vallerano. Quanto alla ferrovia che collega col litorale, a maggio scorso il governo aveva siglato un’intesa con la Regione per un finanziamento da 180 milioni di euro per modernizzare l’opera, ma i nuovi treni pagati grazie allo stadio potrebbero scendere da 15 ad una manciata. Due invece le opzioni per il ponte che interseca l’autostrada Roma-Fiumicino: quello dei Congressi, già finanziato dallo Stato ma fermo per una valutazione sui possibili extracosti, oppure uno poco distante che verrebbe realizzato a carico dei promotori dello stadio. La mobilità è il nodo cruciale: gli uffici del Campidoglio avevano già dato parere negativo al progetto proprio su questo punto. Come si comporteranno ora che i pubblici accessi alla struttura potrebbero essere ancora meno? La discussione in atto dovrà tener conto anche del parere della Soprintendenza che, entro 120 giorni, completerà l’iter del possibile vincolo sull’ippodromo di Tor di Valle, al posto del quale dovrebbe sorgere lo stadio.

(Il Fatto Quotidiano – A. Managò)



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