Beppe Grillo

AS ROMA NEWS STADIO TOR DI VALLE GRILLO GRANCIO – Sarebbe arrivato durante una riunione di giunta, in Campidoglio, mettendo le cose in chiaro: «Voi non capite un c…, sulle questioni importanti deve decidere chi sta più in alto». Queste parole le avrebbe pronunciate Beppe Grillo, fondatore e garante del Movimento 5Stelle, presentandosi a Roma, nell’aula Giulio Cesare del Comune, e parlando con i consiglieri impegnati a discutere della questione Stadio della Roma. A riferirlo è stata Cristina Grancio, ex M5S, ex consigliera capitolina quando la sindaca era Virginia Raggi e, all’epoca, vicepresidente della commissione urbanistica che si doveva occupare del progetto relativo all’impianto sportivo da realizzare a Tor di Valle, scrive Il Messaggero.

La Grancio è stata sentita nell’aula bunker di Rebibbia nel corso del processo sul giro di corruzione legato alla realizzazione del Nuovo stadio della Roma, nel quale politici e funzionari capitolini sono accusati per avere agevolato – secondo l’accusa – il costruttore Luca Parnasi, che deve rispondere di associazione a delinquere.

Altri nomi eccellenti sul banco degli imputati sono Marcello De Vito, l’ex grillino all’epoca presidente dell’Assemblea capitolina, l’ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio, Adriano Palozzi, l’ex assessore regionale Michele Civita, solo per citarne alcuni. E Luca Lanzalone, l’avvocato genovese incaricato dalla Raggi, secondo i pm, di seguire i dossier più delicati, in primis quello sullo stadio.

La Grancio, rispondendo alle domande della pm Giulia Guccione, ha raccontato di essere stata sospesa dal Movimento per le sue posizioni contrarie al progetto. D’altronde, ha spiegato, il no allo stadio è stato uno dei cavalli di battaglia dei Cinquestelle all’opposizione e anche durante la campagna elettorale: «Volevamo annullare la delibera Marino», con la quale veniva dato l’ok al dossier. Poi la Raggi era diventata sindaco. Viene chiesto un parere all’avvocatura capitolina, per capire se sia possibile annullare la delibera. «Ancora aspettavamo la risposta e invece si materializza l’accordo con la società. Il parere è stato poi secretato: permetteva di andare in annullamento».

Nello stesso periodo compare Lanzalone. «Mi viene presentato in Campidoglio, penso dai componenti del governo Fraccaro e Bonafede, lo hanno introdotto come colui che ci doveva aiutare a gestire la questione stadio». In realtà, spiega la Grancio, «cercava di smontare una per una quelle che venivano presentate come illegittimità», agevolando Parnasi, secondo la teste. Di fatto, spiega l’ex consigliera, «si è smesso di parlare di annullamento e lui ci guidava nella scelta delle soluzioni che potessero essere accettate dal proponente».

Secondo l’accusa, in realtà, l’avvocato genovese avrebbe fatto gli interessi del costruttore, cercando di portare a casa un accordo vantaggioso e venendo ricompensato con contratti di consulenza per il suo studio. «Perché vi facevate guidare da lui?», chiede il pm. La risposta è netta: «Avevamo avuto un incontro con Beppe Grillo, che ci disse che noi non valevano un c… e dovevamo farci guidare da chi era più in alto… ho riletto il contratto dei 5stelle, che ci hanno fatto firmare: per le questioni di alta rilevanza dovevamo sottostare a una guida superiore».

A dire della Grancio, i vari consiglieri avrebbero man mano cambiato posizione. «L’ho capito quando Parnasi venne a mostrarci delle slide, c’era ancora l’assessore Berdini – poi sostituito, ndr – che, dopo la presentazione, aveva detto di no allo stadio. De Vito – pure lui imputato per corruzione, ndr – sbianca e Frongia – assessore allo sport – ha uno scatto all’indietro sulla sedia. Si capiva che il vertice aveva cambiato e che serviva qualcuno che potesse convincere gli altri». Per l’accusa, il cambio di sponda sarebbe avvenuto per agevolare Parnasi.

«Lanzalone portava controproposte, ci riportava i desiderata di Parnasi», ha aggiunto la donna. L’ex consigliera ha ricordato anche un altro aneddoto legato a Grillo: «Eravamo in un’aula, fu messo un cellulare al centro di un grande tavolo, lo mise Bonafede, si sentì la voce di Grillo che si complimentava per l’accordo raggiunto, quando tutti stavamo ancora aspettando il parere dell’avvocatura. Era come se fosse stato dato per scontato che noi avessimo già preso una posizione, invece non era così».



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