Edin Dzeko, attaccante della Roma

La gente, lo stadio pieno, le bandiere, i cori, il derby: il numero 167 di una sfida cominciata addirittura nel 1929. Se non ci saranno incidenti, se non ci saranno cori odiosi, se sventoleranno solo le bandiere sarà una grande notte. Comunque finirà in campo sia che in finale di Coppa Italia ci vada la Lazio di Inzaghi e Immobile, sia che ci vada la Roma dopo una rimonta insperata ed eccezionale – sarà la notte in cui Roma avrà ritrovato il suo stadio, i colori, i profumi, la passione. Il calcio romano ha attraversato lunghi anni di piombo: morti ammazzati, partite sospese, incidenti e scontri nelle strade di Roma, bar e ristoranti assaltati, feriti, “puncicate” ai glutei, razzismo e inciviltà nelle curve, ultras al potere. Se andare allo stadio era diventato impossibile, se bisognava comprare i biglietti esibendo passaporti e permessi speciali, parcheggiare la macchina a chilometri di distanza, attraversare barriere su barriere, controlli, gettare via ombrelli e bottigliette d’acqua, farsi perquisire un paio di volte, sedersi in posti scomodi e circondati da barriere ovunque era dovuto a tutto questo. Al degrado di civiltà dell’ambiente stadio. Ora si ricomincia daccapo, è finito almeno lo stato di guerra, sono state eliminate le barriere che ghettizzavano e separavano i tifosi in piccoli gruppi, tenendoli sempre più lontani gli uni dagli altri, così da rischiare il meno possibile.

Ma nel frattempo l’Olimpico si era svuotato, per la contestazione delle curve, per l’opposizione delle due tifoserie a Lotito e Pallotta, ma anche perché andare alla partita era diventata oggettivamente una sofferenza, un percorso a ostacoli, una scomodità inaccettabile nel 2017. L’Olimpico si è ridotto allo scheletro di se stesso, un gigante semivuoto e soprattutto triste. Pochissima gente, crollo verticale del pubblico, interi settori chiusi. Partite recenti come il Derby e Roma-Napoli – solitamente lo spettacolo più bello del mondo – ridotte a partite quasi di serie B. Tristi e silenziose. Torneranno in almeno 50.000 per il terzo derby su quattro della stagione, il primo vinto da una Roma brillante e in ascesa (Strootman e Nainggolan), il secondo (l’andata di Coppa Italia) da una Lazio che ha messo ko la Roma con un uno-due impressionante di Milinkovic e Immobile. La Lazio sorpresa di Primavera è a un passo da una possibile finale contro la Juve (che si trova nelle sue stesse identiche condizioni giocando domani contro il Napoli), la Roma è disperatamente attaccata all’impresa. Per sperare di vincere qualcosa dopo ormai quasi 10 anni, per non dare alibi al suo allenatore che sembra proprio volersene andare non sopportando la delusione. In bocca al lupo al Derby di Roma 2.0.

(La Repubblica – F. Bocca)



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