«Che strano, ora che dobbiamo affrontare prima il Milan e, poi, la Juve. E guarda caso subiamo una squalifica inattesa ed inconcepibile…». Strano, per il direttore generale della Roma Mauro Baldissoni, è lo stop per due giornate (le prossime) di Kevin Strootman, la «lavatrice» come lo chiamano qua nella Capitale per la capacità di pulire ogni pallone nel traffico in mezzo a campo. Strootman paga una «condotta gravemente antisportiva…», scrive il giudice sportivo Mastrandrea. E lo fa perchè, in campo, è entrata la prova tv: l’olandese stramazza a terra dopo che il giovane laziale Cataldi gli tira la maglia da dietro, ma, immagini alla mano, non c’è alcun motivo per farlo. Il signor Banti, il fischietto del derby, aveva mostrato il rosso a Cataldi ed il giallo a Strootman, colpevole di aver provocato con il lancio d’acqua dalla propria bottiglietta il collega biancoceleste. Ricorso d’urgenza La Roma è furiosa («Assurdo», tuona il patron Pallotta dagli Usa), Spalletti anche: l’assenza di Strootman, complice l’infortunio di Salah, complica sensibilmente i piani dell’allenatore giallorosso. Il club annuncia ricorso d’urgenza: la difesa punterà sul fatto che Cataldi è stato squalificato per comportamento scorretto (si legge nel comunicato) e non per la simulazione di Strootman, quindi l’ammissibilità della prova tv verrebbe a cadere non essendoci più i presupposti per il suo utilizzo. Possibilità che la contromossa della Roma vada a segno? La partita non è semplice, anche perchè per accuse come quella che pesano su Strootman la pena minima è proprio due giornate. Lulic a processo (sportivo). La Capitale romanista grida al complotto via web («Situazioni già vissute», dirà Marchisio). La sindrome da accerchiamento nasce, per la piazza, anche dall’assenza di sanzioni per le frasi di Lulic, ma il destino del giocatore bosniaco segue un binario parallelo, quello del processo (sportivo) che ha i suoi tempi. Lulic verrà fermato, probabile per quattro o cinque giornate per frasi gravemente ingiuriose nei confronti di Rudiger.
(La Stampa – G. Buccheri)
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