Alla fine è davvero come se fosse un esordio. Perché poi Kevin Strootman in Champions League all’Olimpico non ci ha mai giocato e per l’occasione spera che quella di stasera sia una serata speciale, di quelle magari da tenersi strette in un angolo della mente o chiudere a chiave nel cassetto dei ricordi personali. E per far sì che sia davvero così, il centrocampista olandese si è accodato agli altri, lanciando anche lui un appello personale: «Il Dragão all’andata è stato praticamente il dodicesimo uomo in campo. Spero che stasera vengano anche tanti nostri tifosi all’Olimpico. In tal caso non dico che per noi sarà più facile, ma magari sarà meno difficile. Questo sì…».
SOLO 30 MILA ALL’OLIMPICO – La speranza di Strootman è però destinata a rimanere vana, visto che le previsioni per stasera parlano di circa 30mila persone, non certo i pienoni a cui era abituato l’Olimpico per partite di questa importanza. Quelli che verranno, però, avranno appunto anche il piacere di vivere la prima casalinga in Champions dell’olandese, che finora ha giocato 7 scellerati minuti a Mosca nel 2014 e la sfida di Oporto. Una partita, quella dell’andata, in cui Strootman ha messo in campo tutta la sua personalità e la sua cattiveria agonistica, arrivando anche a dirsi qualche parolina di troppo nel finale con Herrera. «Non so se quell’episodio ha lasciato delle scorie, magari sì. Ma sono cose che succedono in campo, vedremo. Di certo c’è che è una partita che vogliamo vincere, perché è importante per noi e per il club, visto i tanti milioni che ci sono in palio».
NON SI FERMA PIÙ – Ed allora non bisognerà fare calcoli, cancellare dalla testa il fatto che, a conti fatti, basta anche lo 0-0 per passare. Se la Roma parte con quell’idea lì, di gestire la gara, rischia di essere una falsa partenza. «Ed infatti noi dobbiamo entrare in campo per giocare, fare gol e vincere. Non possiamo pensare di difenderci, quello eventualmente è un pensiero che possiamo iniziare a considerare solo a venti minuti dalla fine. Sarà una sfida dura, dovremo essere fisicamente al top…». Già, appunto. E lui che non disputava due partite in tre giorni da una vita (e contro l’Udinese ha completato il 99% dei passaggi, 70 su 71), stasera giocherà la terza in meno di una settimana («Pensate che io di gare di seguito gliene voglio far fare trenta, ne mancano ancora 27», ha commentato Spalletti). E per chi viene da un calvario come il suo, è la risposta più bella. «Ancora non sono al 100%, ma fisicamente mi sento bene e i miei compagni mi aiutano in tutto — continua il centrocampista olandese — E non mi interessa dove mi chiede di giocare Spalletti, va bene tutto anche perché noi con lui sappiamo cosa dobbiamo fare in qualsiasi posizione del campo ci schiera».
L’ORGOGLIO – Ed allora oggi, con il ritorno dal via di De Rossi, si sfilerà la fascia, quel motivo di orgoglio che con l’Udinese l’ha portato a «ringhiare» ancora più forte. «Ma credo non ci sia altro club al mondo dove le gerarchie del capitano sono più chiare che alla Roma — chiude lui, riferendosi a Totti, De Rossi e Florenzi — Poi ci sono io, giocare con la fascia è bello». Proprio come rivederlo in campo con continuità.
(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese)
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA