(Il Messaggero – M. Ferretti) Franco Tancredi, 63 anni, era il portiere della Roma in quella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool del 30 maggio 1984.
Ferita rimarginata?
«Ferita? Una feritona che non si rimarginerà mai. Impossibile, anche trentaquattro anni dopo, ricordare quella partita senza rabbia, tanta rabbia. Ricordo la gioia enorme per esserci, ma anche la delusione atroce per aver perso».
L’occasione professionale della vita.
«Era quello che ci ripetevamo nello spogliatoio nei giorni che hanno preceduto la gara. Finale all’Olimpico, e quando ci ricapiterà? E, infatti, alla Roma non è mai più ricapitato».
Maledetti rigori e basta?
«Il Liverpool era il Real Madrid di oggi, una squadra di fenomeni di ogni nazionalità, abituata a vincere in Europa, molto poco inglese nel suo modo di giocare, quasi invincibile. Ma quella finale, per noi, cominciò male e finì peggio. Troppi episodi contrari, al di là dei rigori».
Poteva essere la strepitosa conclusione di un ciclo irripetibile…
«Esatto. Sapevamo alla perfezione che Liedholm a fine stagione se ne sarebbe andato, che sarebbe cominciata un’altra avventura con un nuovo tecnico e nuove premesse, che eravamo agli sgoccioli di una storia bellissima. Ci serviva vincere quella finale anche per dare un minimo di continuità a quattro, cinque anni ad altissimi livelli».
E questo sorteggio come l’ha vissuto?
«Con un grande desiderio di rivincita anche se, capitemi, avrei preferito che la Roma affrontasse, e ovviamente battesse, il Liverpool in finale…».
Sorteggio amico, per la Roma?
«Sbaglia chi pensa che abbia pescato la più debole: il Liverpool ha un allenatore, Klopp, che sa fare molto bene il suo lavoro, specie se c’è da motivare la squadra, e tutta una serie di buonissimi calciatori. Non c’è solo Salah, per intenderci».
La Roma ha eliminato il Barcellona, però.
«E faccio i complimenti a Di Francesco, abruzzese come me, che ha compiuto realmente un’impresa epica, per certi versi impensabile. E lo ringrazio perché la Roma, dopo tanti anni, è tornata a far piangere di gioia i suoi tifosi».
Alisson?
«Sono stato fuori Italia per lavoro per parecchio tempo, ma ho avuto modo di seguirlo. E di apprezzarlo. Oggi, per me, è il più bravo di tutti. Un portiere essenziale, poco incline allo spettacolo. In più, ha una bella faccia pulita. Sembra un uomo e un portiere di altri tempi».
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