Il dibattito politico in Campidoglio, l’opinione pubblica, un assessore che si è dimesso in polemica con la sindaca. Ormai a Roma da due settimane non si parla di altro che del progetto dell’As Roma di realizzare uno stadio di proprietà, accompagnato da un business center più grande dello stesso impianto. Tra aperture da parte della sindaca Virginia Raggi, tentennamenti della maggioranza a 5 Stelle per le cubature “eccessive” del progetto e la base del Movimento in fibrillazione contro l’opera. Ora arriva anche l’altolà al dossier della Soprintendenza statale ai beni paesaggistici, che ha scatenato il disappunto del club giallorosso e del costruttore Luca Parnasi. Insomma: gli elementi per trasformare in tragicommedia l’investimento privato più ricco in programma in città per i prossimi anni – 1,5 miliardi di euro – ci sono tutti. E come in un match tra due squadre sbilanciate in attacco il finale di questa partita inizia a diventare tremendamente incerto.

L’ultimo colpo di scena è l’avvio del procedimento che dichiara l’ interesse culturale per l’ippodromo di Tor di Valle, che sorge proprio nell’area acquistata dalla società Eurnova del costruttore Luca Parnasi per realizzare il moderno Colosseo giallorosso. L’istruttoria è stata avviata, come si legge nel documento redatto dalla soprintendenza, perché “si tratta di una struttura all’avanguardia inaugurata nel 1959 in previsione delle Olimpiadi dell’anno successivo per le gare del trotto”. Nel dettaglio l’attenzione ricade sulla tribuna “progettata dall’architetto di fama internazionale Julio Garcia Lafuente, che costituisce un esempio rilevante di architettura contemporanea”. Sicuramente la struttura all’apertura del Giochi di Roma del 1960 era all’avanguardia ma a guardarla oggi, ridotta a un rudere, con l’impianto chiuso al pubblico dal 2013, qualche perplessità rimane. Anche perché, ad esempio, il velodromo, realizzato sempre per la rassegna olimpica a pochi chilometri di distanza su progetto di Cesare Ligini, è stato demolito con il tritolo nel luglio 2008 senza che nessuno si opponesse. Né è mai stato rimpiazzato dal parco acquatico che doveva sorgere nell’area.

La soprintendente all’archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Roma, Margherita Eichberg, rivendica: “La nostra è un’iniziativa a tutela di un bene culturale, l’ippodromo di Tor di Valle è una struttura importante per la storia dell’architettura, al momento è l’edificio in cemento armato con il maggiore sbalzo al mondo per tipologia strutturale”. E ancora: “Il nostro atto avvia un procedimento che si conclude entro 120 giorni, i proponenti hanno ottanta giorni per risponderci”. Perché, precisa la soprintendente: “Formalmente il vincolo lo appone il segretario regionale del ministero dei Beni culturali dopo che avremo concluso la nostra istruttoria”. Quattro mesi di tempo dunque per sapere se sull’ippodromo verrà apposto il vincolo paesaggistico decretando la parola fine sul progetto giallorosso, almeno in quell’area. E allora i proponenti dell’opera, Parnasi e l’As Roma, parlano di “singolare tempistica” del parere della soprintendenza – ventisei mesi dopo la votazione dell’Assemblea Capitolina di pubblico interesse per l’opera – e di “iniziative talmente intempestive da apparire quantomeno ostili”. Perché, sottolineano, “le tribune sono una struttura precaria e pericolante con tracce di amianto”, e la Soprintendenza “non ha mai avviato alcuna azione a tutela per quell’area”. E ancora: “Valuteremo ogni azione a tutela del nostro progetto”. La sindaca Raggi dal canto suo nicchia, senza riuscire ad esprimere una parola definitive sulla questione. “Vi sono nuovi elementi che incidono sulla valutazione e realizzazione del progetto che in queste settimane è oggetto di verifica da parte del Comune”, il commento della Raggi. E ripete: “Come abbiamo sempre detto, vogliamo che la Roma abbia uno stadio, ma nel rispetto della legge”.

Tra martedì e mercoledì è in programma un nuovo incontro tra il Campidoglio, l’As Roma e la società costruttrice per continuare a parlare della possibile limatura delle cubature del progetto. Ma la sensazione è che ormai anche un accordo tra le parti potrebbe non bastare più, perché la Conferenza dei servizi – che si concluderà il 3 marzo – richiede precisi adempimenti formali che ancora mancano. Dalla definizione delle volumetrie alla variante urbanistica fino alla convenzione urbanistica tra Comune e costruttori. Sempre che la Soprintendenza non blocchi tutto.

(Il Fatto Quotidiano – A. Managò)



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