Bancarotta, distrazione dell’Iva e strani manovre dietro la cessione dei terreni dove dovrebbe nascere l’«ecomostro», così lo chiamano gli ecologisti, di Tor di Valle. Un affare per il quale sono stati rinviati a giudizio quattro ex amministratori della Sais, società già proprietaria del terreno sul quale dovrebbero sorgere lo stadio e i grattacieli, e della «Ippodromo di Tor di Valle», società che affittò il sito. Il processo comincerà il 16 gennaio. Ed è l’ennesima tegola giudiziaria su un progetto che continua ad andare a rilento, per via delle tante carenze tecniche che continuano a emergere.
L’INCHIESTA Sotto processo, su richiesta del pm Mario Dovinola, sono finiti gli imprenditori Gaetano e Umberto Papalia, già presidente e componente del cda della Ippodromo Tor di Valle, nata nel 2008 per gesti del galoppatoio e fallita nel giugno 2013, nonché soci e detentori del capitale della Sais (fallita nel 2014); inoltre Umberto Ciccozzi, liquidatore della Ippodromo Tor di Valle, e Michele Saggese, ex amministratore unico della Sais. L’anno chiave della vicenda è il 2013, quando avvenne l’anticipata rescissione del contratto di locazione del terreno, per canoni non pagati, a fronte di una scadenza nel 2016. In questo modo sono stati privati i creditori di Sais e di Ippodromo di Tor di Valle dei proventi che sarebbero derivati dallo sfruttamento dei terreni poi acquistato, sempre nel 2013, dall’imprenditore Luca Parnasi e poi ceduto alla società che dovrebbe portare a termine l’operazione calcistico-immobiliare.
LA PARTITA DI GIRO Secondo gli atti che hanno portato a questi quattro rinvii a giudizio, gli imputati avrebbero messo in atto una «manovra artificiosa», si legge negli atti. E cioè il terreno sarebbe stato fatto rientrare in possesso della Sais «libero da gravami» e pronto per essere ceduto al costruttore Parnasi (che non compare nell’inchiesta) che in questa area vuole costruire lo stadio e soprattutto altri edifici commerciali per quasi un milione di metri cubi di cemento. In sostanza la società Ippodromo Tor di Valle sarebbe stata portata al fallimento con «operazioni dolose», l’ultima delle quali consisterebbe nella restituzione prima del tempo del bene principale che aveva in gestione, cioè il galoppatoio. L’ attività di «distrazione» si aggira intorno a circa 2,5 milioni di euro e coinvolge appunto Gaetano e Umberto Papalia dalla Ippodromo Tor Di Valle e l’omesso versamento di tributi per alcuni milioni di euro.
(Il Messaggero)
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