Il progetto Tor di Valle torna alla casella di partenza. Come nel gioco dell’oca, l’operazione immobiliare legata al nuovo stadio della Roma, bersagliata per anni da tutte le principali organizzazioni ambientaliste per via dell’«Ecomostro» di negozi e uffici privati, ieri è stata bocciata dalla Conferenza dei servizi. Per far sopravvivere il progetto, ora, l’iter dovrà ripartire da zero. E la prima pietra, ammesso che venga mai posata, slitta al 2018. Ieri è stato formalizzato l’«esito negativo» della procedura avviata nel 2014 dall’ex sindaco Ignazio Marino. E non è un «imprevisto» dell’ultim’ora, anzi. Quello di ieri, di fatto, è un verdetto senza colpi di scena: i tecnici della Pisana non hanno potuto far altro che prendere atto dei pareri di «dissenso» trasmessi nelle settimane passate dagli uffici del Campidoglio e della Città Metropolitana (che hanno evidenziato una sfilza di criticità su trasporti, sicurezza e rischio inondazioni), ma anche della valutazione di impatto ambientale, anche questa «negativa», fornita dagli stessi esperti regionali.
CORSA A OSTACOLI – Certo, i privati ora proveranno a tenere in vita l’operazione, sfruttando una clausola che è stata inserita nel verbale di chiusura della conferenza, e che ridurrebbe di qualche mese i tempi della nuova procedura. Ma anche in questo caso è una corsa in salita, perché i tempi per sfruttare l’agevolazione sono strettissimi: la Regione dovrebbe ricevere entro il 15 giugno una nuova delibera di interesse pubblico, con tanto di variante urbanistica, dal Campidoglio. Se la scadenza venisse rispettata, allora il nuovo iter potrebbe ripartire direttamente dalla conferenza dei servizi «decisoria» (che dura sei mesi ed è convocata dalla Regione), anziché da quella preliminare, che si riunisce in Comune; altrimenti i tempi si allungherebbero di altri 90 giorni. Ma per centrare l’obiettivo, va superata una sfilza di ostacoli e di scadenze serrate. Anche per questo, tra oggi e domani, i privati si riuniranno con i tecnici del Comune per stilare un «cronoprogramma» dettagliato.
IL «CRONOPROGRAMMA» – Il Campidoglio ha chiesto ai proponenti di consegnare entro la fine di aprile i nuovi elaborati tecnici del progetto, così come modificato dopo l’accordo del 24 febbraio. In questo modo, i primi di maggio potrebbe arrivare in giunta la nuova delibera (con variante), che poi dovrà passare al vaglio dei municipi, i quali hanno 30 giorni per esprimersi. Poi, al fotofinish, servirebbe il voto dell’Aula Giulio Cesare, dove il M5S dovrà fare i conti con tre-quattro consiglieri dissidenti. Nel frattempo andrà sciolto il nodo del vincolo architettonico che la Soprintendenza ha deciso di apporre sull’ippodromo di Lafuente. I privati sperano in uno stop dalla commissione del Mibact, altrimenti bisognerebbe stravolgere tutti gli elaborati. Resta centrale poi il tema delle opere pubbliche, sforbiciate pesantemente dopo l’intesa tra Comune e privati che ha ridotto del 50% le cubature per negozi, alberghi e uffici. La Regione ieri ha fatto capire che il nuovo progetto dovrà comunque «mantenere le opere pubbliche» e soprattutto «garantire la contestuale esecuzione con quelle private». Nessun piano in due tempi insomma, come si era ipotizzato subito dopo l’accordo di fine febbraio. La conferenza si chiude anche con una scia polemica, destinata a proseguire nei prossimi mesi. L’assessore all’Urbanistica della Regione, Michele Civita, ha rimarcato che «per sette mesi molte pubbliche amministrazioni sono state impegnate a decifrare pareri confusi e contraddittori. Speriamo che la revisione del progetto sia rapida e chiara, a garanzia dell’interesse pubblico». Mentre il Pd si divide tra chi attacca la giunta Raggi e chi invece parla dello stop come dell’«epilogo di una proposta troppo speculativa», il M5S conferma che l’apertura dei cantieri non potrà avvenire prima del 2018. Secondo il capogruppo Paolo Ferrara «il ritardo sarà solo di qualche mese» con «la prima pietra che potrà comunque essere posata nel 2018».
(Il Messaggero – L. De Cicco)
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