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Rassegna stampa

Totti, addio papà Enzo. Gli sguardi, le carte: “Grazie per tutto…”

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NOTIZIE AS ROMA MORTE ENZO TOTTI – Magari glielo dirà ancora da lassù, mentre lo guarderà mille altre volte con l’amore che un padre ha per il figlio: «Non sei capace, sei una pippa. Meglio tuo fratello Riccardo». Era la frase che papà Enzo ripeteva a Totti da sempre, fin da piccolino. Enzo per tutti era solo «lo sceriffo», per quella frase lì che spingeva Francesco a dare sempre di più e «perché qualsiasi cosa che gli chiedi, riesce ad averla dopo due minuti», disse lo stesso Totti. Da ieri lo sceriffo non c’è più, riferisce la Gazzetta dello Sport. Se l’è portato via a 76 anni il Covid-19, dopo alcuni giorni di strenua lotta allo Spallanzani di Roma. Il fisico da tempo non era più quello di una volta, al resto ci ha pensato la pandemia, con Francesco che non ha potuto neanche vederlo per un’ultima volta.

Negli anni lo sguardo di papà Enzo è rimasto sempre lo stesso. Sia quando osservava il figlio di 4 anni rincorrere un Super Santos sulla spiaggia di Torvajanica, sia quando lo portava al mercato di piazza Epiro (a San Giovanni) per farlo giocare con i bimbi più grandi. O quando, a precisa domanda sull’offerta del Real Madrid rispose: «Ma che ci vai a fa, stai tanto bene qui».

Enzo Totti parlava poco, ma ti fissava dritto negli occhi che si faceva capire benissimo. Come a Berlino, prima della finale del Mondiale, o il 28 maggio 2017, il giorno dell’addio al calcio di Francesco. Più di tutti, Enzo sapeva quando fosse lacerante per Francesco quello strappo e forse anche per questo non ha più andato all’Olimpico. Sognava, chissà, di tornarci per Cristian, uno dei sei amatissimi nipoti (4 femmine e 2 maschi).

La vita però gli ha cancellato il sogno, con tanta gente che si è stretta intorno alla famiglia (tweet di condoglianze della Roma, della sindaca Virginia Raggi, della Lega Calcio e del Real Madrid). Magari così tanto affetto consolerà la moglie Fiorella e i figli Francesco e Riccardo. «È vero, con i miei figli ho avuto sempre poco dialogo – disse una volta – Mi bastava un’occhiata, mezza parola, uno sguardo per farmi capire. Al resto ci ha pensato la madre».

Ex impiegato di banca, amante della buona cucina, ha sempre seguito il figlio in ogni trasferta, in ogni ritiro, in Italia e in Europa. Partiva in camper e passava il tempo in lunghe partite a carte (briscola e scopa). Aveva quasi sempre un ristorante di fiducia e una volta, all’epoca del primo Spalletti, ne consigliò uno in cui andarono i giocatori prima della partita, tra Umbria e Toscana. Spalletti non la prese benissimo (eufemismo), anche se poi fu il primo a ringraziare «lo Sceriffo» per la dritta.

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Era impossibile volergli male, anche per i tifosi, perché si fermava spesso e non si dava mai arie. Esattamente come non aveva mai cambiato abitudini. A Trigoria portava la pizza nello spogliatoio ad ogni compleanno o traguardo del figlio. Pizza bianca (con tanto olio) con la mortadella, pizza rossa bassa e un po’ bruciata (una volta Rudiger ne mangiò così tanta che faticò ad allenarsi). De Rossi ogni volta che lo vedeva lo abbracciava, memore di come gli era stato accanto nel momento più complicato della sua vita.

Come Cassano, che Enzo accolse a casa sua appena arrivato a Roma, trattandolo come un figlio. Quando andò al Real gli disse: «Ricordati, qui avrai sempre una porta aperta». E ad Antonio bastò uno sguardo per capire che non si scherzava. Come non scherzava Francesco alcuni mesi fa, quando pubblicò una sua foto da bimbo in braccio al padre: «Tutto quello che mi hai insegnato lo sto trasmettendo ai miei figli, ai tuoi nipoti. Grazie per tutto papà mio. Anzi, sceriffo». Già, uno sceriffo con un cuore gigante.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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