(Gazzetta dello Sport – A. Pugliese) Che poi chissà quante volte se lo sarà chiesto non solo lui, ma un po’ tutti quelli che gli ruotano attorno o che solo lo hanno a cuore per tutto ciò che ha fatto nel mondo del calcio. Ma alla fine Francesco Totti nella Roma che ruolo ha? Ad oggi dirigente, ma in senso generico, senza una specifica dettagliata. Ecco, probabilmente quella specifica lì l’ha individuata proprio lui martedì a Montecarlo:direttore tecnico, che poi è il ruolo che (in modo non ufficiale) gli è stato di fatto ritagliato addosso, quasi come l’elegante smoking con cui è andato a ritirare il premio alla carriera (Laureus World Sports Awards) che gli è stato assegnato nella passerella monegasca. «Allenatore? No, no, no. Piuttosto mi vedo come direttore tecnico», ha detto Totti. È quello il suo futuro?
L’OCCHIO CONTA – Detto che nell’organigramma della Roma quel ruolo lì in questo momento non esiste, di certo c’è che Totti ha l’esperienza e l’occhio per vedere le questioni tecniche meglio di molti altri. Ma può bastare? «Per me ha tutte le caratteristiche per poter far bene, nel ruolo di dirigente mi sta piacendo – dice Zibì Boniek, attuale presidente della Federcalcio polacca – Ha l’esperienza giusta, è un ragazzo intelligente. Certo, ci vuole un po’ di tempo per intraprendere quel percorso, 2-3 anni di esperienza dirigenziale e poi via, può farlo tranquillamente. Come allenatore invece non lo vedo, dopo 30 anni vissuti da calciatore immagino che ora voglia fare una vita diversa». Provando magari a sfruttare quell’intuito calcistico che aveva quando faceva magie sul campo di gioco. L’occhio, del resto, è sempre quello. «Nel calcio tutti sanno sempre tutto, ma alla fine la differenza vera la fanno i dettagli, le sfumature – dice ancora Boniek – E quelle riescono a vedere e a capirle prima degli altri i grandi campioni come Francesco, gente che ha l’occhio abituato».
TRA PRO E CONTRO – Il vantaggio per Totti sarebbe proprio quello, avere unaconoscenza della materia tecnica sicuramente più qualitativa degli altri. Tra l’altro, sarebbe un direttore generale sui generis, visto che a Coverciano come direttore tecnici figurano Carlo Mazzone, Arrigo Sacchi o Giovanni Trapattoni. Insomma, ex allenatori con un certo curriculum in panchina, capaci eventualmente di mettere la propria esperienza al servizio di un allenatore. Ecco, lo svantaggio invece sarebbe proprio questo, il rapporto che Totti dovrebbe instaurare con il tecnico di riferimento. È ovvio che una figura imponente come la sua finirebbe con l’oscurare o condizionare la guida tecnica. Sarebbe difficile relazionarsi efficacemente con un grandissimo tecnico, già affermato ad alti livelli. Più facile con uno giovane e bravo, che vuole arrivare ma che ancora ha un percorso da fare. E con cui magari Totti ha già un rapporto profondo, anche di amicizia. Come Eusebio Di Francesco, ad esempio.
IL PERCORSO – «È molto più facile riconoscere il talento di un calciatore da quello di un direttore sportivo o tecnico – dice Demetrio Albertini, ex vicepresidente della Figc – Nel senso che quello del calciatore lo vedi subito, l’altro dipende dai risultati del campo. Detto questo, se Totti vorrà intraprendere questo percorso avrà un vantaggio: il carisma per poter valutare e gestire le situazioni. Con un’accortezza, però: se il paragone sarà lui calciatore, sarà molto difficile farlo bene, vista la sua immensità nel calcio giocato». Lì, chiaramente sarà difficile arrivare. Ma Totti, forse, si accontenterebbe di farlo bene. «Dovrà prima dimostrare, studiare, fare un percorso formativo – chiude Albertini – E quando sarà, si vedrà se sarà davvero portato. Di certo c’è che ha grande esperienza e conosce alla perfezione l’ambiente. E se il ruolo gli piace, avrà anche il sentimento per farlo bene».
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