Riccardo Totti, il fratello maggiore di Francesco, dice che è completamente vero a metà, tanto per ricordare Gigi Garzya, compagno di squadra del Capitano il giorno del suo esordio a Brescia, marzo 1993. «Da ragazzino, su questo non ci sono dubbi, ero più forte di Francesco, come sostiene da anni nostro padre; ma adesso, ditemelo voi, come faccio a paragonarmi a lui?».

Che effetto le fa essere il fratello del più forte giocatore della storia della Roma?
«Solo della storia della Roma?»

Ah, ecco… Va bene, faccia lei: ma che effetto le fa?
«Io non me la sono mai tirata, e mai lo farò. Perché, poi? In questo, sono identico a Francesco al cento per cento. Uno che, nonostante tutto, è rimasto sempre quello».

Quale quello?
«Quello che da ragazzino era il più bravo di tutti, ma non lo faceva pesare a nessuno».

Quante partite di Francesco ha visto dal vivo?
«Tutte. Quasi tutte…».

A cominciare da?
«Da quando stava alla Smit Trastevere, che è stata anche la mia società».

Lei che ruolo giocava?
«Portiere».

E allora, scusi, come nasce la leggenda che lei era è più forte di Francesco?
«Perché ero polivalente: dove mi mettevano giocavo. E giocavo bene».

È vero che Francesco venne preso dalla Lodigiani senza neppure fare il provino?
«Esatto. Lui stava al campo della Smit, ma non doveva giocare. All’intervallo, però, si mise a palleggiare, quelli della Lodigiani lo videro, parlarono immediatamente con i dirigenti della Smit: «Noi vogliamo quello», dissero indicando mio fratello. E se lo portarono via…».

Torniamo indietro di qualche anno: domenica mattina… Continui lei.
«Cappuccino, cornetto e Messaggero, io, mio padre e mia padre ad accompagnare Francesco alla partita. Ci siamo girati mezza Italia…».

A Brescia, però, quel giorno non c’era nessuno di voi…
«Solo perché accadde tutto al volo, Francesco stava giocando con la Primavera a Trigoria, noi eravamo lì e poi ci disse che doveva andare con la prima squadra. Ma nessuno pensava che avrebbe giocato, sennò partivamo tutti…».

Si ricorda la prima partita di Francesco con la Roma?
«La partita esatta no, ma ricordo che il suo allenatore era Superchi e che aveva la maglia numero 10. Campionato Giovanissimi Regionali…».

Francesco era già Totti?
«Era un ragazzino molto bravo a toccare la palla, a far gol, ma che diventasse Totti, come dice lei, sinceramente non me lo sarei mai aspettato».

E lui se lo aspettava?
«Vi dico solo che la sera, prima di dormire, prendeva il suo quaderno e cominciava a fare autografi: Francesco Totti, Francesco Totti, Francesco Totti… Pagine e pagine di firme. Avrà avuto dodici, tredici anni. Fate voi…».

Ed è arrivato a 40 anni in campo.
«E andateci piano a dire che la storia finirà qui…».

Traduzione?
«Andateci piano, punto e basta».

Questione di fisico?
«Questione di fisico e di testa. Secondo voi è normale che uno gioca ancora a 40 anni nonostante due ginocchia rifatte, dieci viti nella caviglia e un pezzo di ferro nella gamba? No, non è normale. Se lui ci riesce, vuol dire che ha anche una testa davvero giusta, a posto. Francesco comincerà a pensare di smettere quando capirà di non sentirsi più bene».

Parla da fratello o da procuratore?
«Io sono il procuratore di Francesco, ma la mia professione non è quella di procuratore. Quando smetterà lui, smetterò anch’io».

La giocata che più le piace di Francesco?
«Io mi sono stancato di vedere sti palloni lanciati al volo da cento metri sui piedi dell’attaccante solo davanti al portiere… Ancora co ste cose a 40 anni? Dai, nun se ne po’ più: mo basta…».

(Il Messaggero – M. Ferretti)



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