Francesco Totti non vede l’ora di giocare e fa gli straordinari. Ieri mattina il capitano si è presentato in campo a Trigoria per allenarsi da solo sotto la pioggia in vista del rientro in campo. E’ guarito dalla distorsione alla caviglia ed è pronto a mettersi a disposizione di Spalletti alla ripresa del campionato. Francesco aspetta che arrivi il suo turno, se questa sarà davvero la sua ultima stagione, vuole viverla ancora da protagonista. Alla ripresa del campionato all’Olimpico arriverà la Sampdoria capolista e contro la squadra blucerchiata Totti ha segnato uno dei gol più bella della carriera, con Spalletti allenatore. Totti ha ancora un grande entusiasmo e non intende assolutamente vivere l’ultima stagione da comprimario. Durante la tournèe americana, il capitano della Roma ha raccontato in prima persona la sua carriera al sito The Players’ Tribune. Dalle sue parole traspare l’amore per i colori giallorossi e la passione intramontabile per il calcio.
PROPOSTA MILAN – Il capitano si è raccontato tra passato, presente e futuro. A cominciare dal no al Milan. «Ventisette anni fa, bussarono alla porta del nostro appartamento a Roma. Mia madre, Fiorella, andò a rispondere. Dall’altra parte c’era chi avrebbe definito per sempre la mia carriera calcistica. Quando ha aperto la porta, un gruppo di uomini si presentarono come dirigenti di calcio. Ma non erano della Roma. Vestivano in rosso e nero. Erano del Milan. E mi volevano per giocare con la loro squadra. Mia madre alzò le mani».
IL POSTER DI GIANNINI – La sua passione per la Roma resta una costante. Totti spiega tra un aneddoto e l’altro: «Quando sei un ragazzo a Roma, ci sono solo due scelte possibili: o sei rosso o blu. Roma o Lazio. Ma nella nostra famiglia, c’era solo una scelta possibile. Io purtroppo non sono riuscito a conoscere mio nonno, perché è morto quando ero solo un ragazzino. Ma mi ha lasciato un grande dono. Fortunatamente per me, mio nonno Gianluca era un grande tifoso della Roma, e ha trasmesso l’amore a mio padre, che poi lo passò a me e mio fratello. Al nostro quartiere, San Giovanni, credo che nessuno mi abbia mai visto senza un pallone da calcio tra le mani o ai miei piedi. Nelle strade di ciottoli, tra le chiese, nei vicoli, ovunque, giocavamo a calcio. Fin da ragazzo, era più di un semplice amore per il calcio per me. Avevo già l’ambizione di intraprendere questa carriera. Ho iniziato a giocare nelle giovanili. Avevo poster e ritagli di giornale di Giannini, il capitano della Roma, sulla parete della mia camera da letto. Era un’icona, un simbolo. Era un ragazzo di Roma. Proprio come noi. E poi, quando avevo 13 anni, hanno bussato alla nostra porta. Gli uomini del Milan mi chiedevano di giocare nella loro squadra. Un’occasione per approdare in un grande club italiano. Che cosa avrei dovuto scegliere? Beh, non è stata una mia decisione, naturalmente. La mia mamma era il capo. Comanda lei tuttora. E lei era piuttosto ‘attaccata’ ai suoi ragazzi, diciamo. Come ogni madre italiana, era un po’ iperprotettiva. Non voleva che me ne andassi da casa per il timore che sarebbe potuto accadere qualcosa».
CUORE ROMA – Gli esordi con la Roma. Sembra ieri, eppure questa è la sua stagione numero 25. Ancora Totti: «Quando sono entrato in campo per la prima partita, ero sopraffatto dall’orgoglio di giocare per la mia casa. Per mio nonno. Per la mia famiglia. Per 25 anni la pressione – e l’onore – di giocare per questa maglia non è mai cambiata. Naturalmente, ci sono stati errori. E c’era anche un momento di 12 anni fa, in cui ho pensato di lasciare la Roma per il Real Madrid. Ma alla fine è stata decisiva la mia famiglia».
I VALORI – Gli hanno insegnato che la casa è tutto. «Per 39 anni, Roma è stata la mia casa. Per 25 anni come da calciatore, Roma è stata la mia casa. Spero di aver rappresentato i colori di Roma nel miglior modo possibile. Spero di aver reso orgogliosi i tifosi. Non ho mai abbandonato la casa dei miei genitori fino a quando non ho sposato mia moglie, Ilary. Così, quando mi guardo indietro, penso che il mio tempo qui è quello che mi mancherà… Penso che quello che mi mancherà di più è la condivisione di un caffè con i miei compagni di squadra ogni giorno. Forse se un giorno tornerò come direttore, quei momenti saranno ancora lì». Già, la Roma è proprio sua.
(Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo)
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA