(Il Messaggero – S. Carina) Entro la metà del mese, la Roma si recherà a Nyon dove dovrà rispondere per non aver rispettato uno dei 4 parametri del Settlement Agreement sottoscritto con la Uefa. Si tratta del cosiddetto break even role, ossia il pareggio di bilancio al 30 giugno dello scorso anno. Le sanzioni vanno dall’esclusione dalle coppe alla semplice multa. A Trigoria sono convinti che l’impegno e la buona volontà mostrata soprattutto nell’ultimo triennio, permetterà alla società di cavarsela al massimo con un’ammenda. È in quest’ottica quindi che va letta la cessione di Emerson al Chelsea (rifiutata invece in extremis un’offerta per El Shaarawy) dove i 20 milioni più 9 di bonus garantiranno almeno 18 milioni di plusvalenza per le casse giallorosse.
LE DUE STRADE – Il problema rimane sempre lo stesso: la Roma, al momento, costa più di quanto ricava. Due le strade: 1) Si abbattono i costi di gestione (che per l’80% riguardano gli ingaggi dei calciatori) e si limita la competitività della squadra 2) Si tengono alti i costi gestionali, mantenendo la competitività sportiva per entrare in Champions, recuperando quello che manca tra costi e ricavi con le plusvalenze dovute al trading dei calciatori. La Roma ha deciso di intraprendere questa seconda via, in attesa di nuove entrate (individuate a Trigoria con la costruzione del nuovo stadio) che possano permettere ai ricavi di lievitare e superare (o quantomeno pareggiare) i costi. In quest’ottica va visto certamente di buon occhio l’arrivo del main sponsor che tuttavia, rispetto alle entrate complessive della società (il riferimento da tenere in considerazione sono più o meno 200 milioni, in linea con quanto introitato al 30 giugno del 2016, quando i milioni furono addirittura 219,4), inciderà intorno al 5% (ergo, circa 10 milioni a stagione, ndc). Un tassello che permetterà di aumentare la voce dei ricavi, dove tuttavia i contributi della proprietà, ossia di Pallotta, non vengono considerati come attivo di bilancio. L’istituzione del fair play finanziario nasce (su pressione del Real Madrid e del Bayern Monaco) proprio in quest’ottica visto che dopo l’acquisizione del Psg e del Manchester City, la Uefa ha voluto bloccare la possibilità infinita di spesa delle due proprietà qatariote. Semplificando al massimo la gestione dei conti della Roma, è come se si prendesse un foglio e lo si dividesse in due parti. Da un lato si inseriscono i costi e dall’altro i ricavi. Il differenziale tra le due voci si deve avvicinare quanto più possibile allo zero. Dove non arrivano gli sponsor, il botteghino, gli introiti televisivi, il merchandising o le entrate della Champions, entrano in gioco le plusvalenze. E qui tocca a Monchi. Professionista serio e sincero, come dimostra anche l’ultima conferenza stampa di ieri. Il suo motto estivo – ‘il problema non è vendere ma comprare male’ – sarà la stella polare della Roma del futuro. Per far sì che la gestione finanziaria (che non potrà fare a meno del trading di calciatori) e quella tecnica, possano andare di pari passo non soltanto nelle strategie societarie ma anche nell’immaginario popolare. Al quale basterebbe poco: vincere una tantum e non soltanto partecipare.
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