Roberto Massucci, Capo di Gabinetto del Questore di Roma ha inviato una lettere alla rubrica di Franco Arturi “Porto Franco” alla Gazzetta dello Sport. Queste le sue parole: “Condivido in pieno quanto ha scritto in un recente Porto Franco, relativamente a un profilo ultrà fatto crescere nel tempo per un atteggiamento di ingiustificato “benaltrismo” o di pseudo attaccamento da parte di molti club, sul cui livello di management ci sarebbe molto da discutere. Mi stupisce però come non abbia colto alcuni segnali della strategia attuata a Roma. Riappropriazione del territorio, eliminazione del concetto di curva, negazione di qualsiasi leadership e, soprattutto, maniacale, sistematica ricerca della legalità. Non abbiamo infatti alcun dubbio che i mali ultrà nascono e si consolidano all’interno delle curve. Non le sarà certo sfuggito che, iniziato questo percorso, sono spariti tutti gli incidenti (da 40 feriti a zero) e persino le cosiddette «puncicate» , tipiche delle vie di afflusso ma nate e decantate dentro la curva. Ora siamo a una scelta di civiltà, la rimozione delle barriere. Ma credo che molti non abbiano compreso che non si tratta di una conquista, ma piuttosto di un’occasione che sarà protetta dallo Stato con la stessa medicina: chi sbaglia paga. Le leggi ci sono e noi continueremo ad applicarle”.
Questa la risposta di Franco Arturi:
“Grazie per l’adesione. Considero importante la sua breve analisi della deriva di una fetta cospicua di ultrà (non di tutti, ovviamente). Disgraziatamente, non si tratta di un patrimonio culturale comune del calcio italiano. Nel mio commento facevo una fotografia del caso Italia, di cui Roma, con il suo percorso virtuoso, è purtroppo solo una parte. E nemmeno è possibile ipotizzare che l’argomento possa essere lasciato alla sensibilità e alla buona volontà delle singole questure: manca, appunto, un quadro d’insieme. Per dirla in due parole: la volontà politico-istituzionale.
Quanto all’eliminazione del concetto stesso della curva, pur apprezzando molto gli sforzi della questura della Capitale e di altre istituzioni locali, siamo ancora un po’ distanti. Il prolungato «sciopero» dei curvaioli della Roma, infatti, è avvenuto dopo che i suoi abitanti avevano comunque comprato i relativi abbonamenti, marcando così il territorio. Un’idea molto semplice e a costo zero è procedere alla vendita casuale e nominale dei posti, in modo che l’acquirente di un abbonamento non possa scegliere se non la tipologia di prezzo, vedendosi poi assegnato il posto in una curva «qualunque» e non in una specifica. Se noi consentiamo infatti l’acquisto di 15.000 abbonamenti in un settore a scelta dell’acquirente, siamo punto e a capo: l’effetto branco e di proprietà non sarà rimosso. L’ordine pubblico all’interno delle curve stesse (come di ogni settore dello stadio) deve essere garantito dalle forze dell’ordine o da una tipologia di steward molto, molto diversa da quella che vediamo oggi all’opera.
Parlavo di resa di club e Stato nei confronti degli ultrà, partendo da un passo della memoria difensiva mandata dalla Juve al Procuratore sportivo. Ma non mi sfugge che altre categorie importanti non brillano per coraggio. I giocatori, per esempio. Nonostante molti di loro vengano pestati dai propri tifosi (l’elenco di questo tipo di mascalzonate è in costante allungamento), il timore di guai grossi produce ambiguità e vicinanza. Mi chiedo perché, per esempio, la squadra della Roma al completo abbia inteso omaggiare i rientranti nella curva Sud, che era piena in diverse altre precedenti partite di coppa: ma quegli spettatori «normali» non hanno ricevuto alcun omaggio prepartita. Rimane purtroppo isolato il caso esemplare di Paolo Maldini, che prese le distanze dagli ultrà del suo Milan perfino nel momento della festa del suo ritiro, pagandone le conseguenze in termini di vergognosa contestazione”.
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