Josè Mourinho

ULTIME NOTIZIE AS ROMA ATALANTA MOURINHO – Raccontare la carriera di Mourinho è quasi come andare a vedere un museo pieno di quadri preziosi. C’è un po’ di tutto, ma tutto di inestimabile valore. Ad iniziare dalle vittorie, dai trofei, dai suoi tanti successi disseminati in giro per l’Europa: Portogallo, Italia, Spagna e Inghilterra, scrive La Gazzetta dello Sport.

Ha vinto ovunque, ha vinto tutto. L’ultimo trionfo, però, è datato 24 maggio 2017, quattro anni e mezzo fa. Da allora sono passati 1669 giorni e Mou ha collezionato altri due esoneri (Manchester United e Tottenham), prima di accettare il progetto della Roma. «Una nuova strada, qualcosa che non avevo mai fatto prima in carriera» ha detto spesso e volentieri l’allenatore portoghese.

Ed è vero, tanto che ieri lo ha ribadito, parlando proprio dell’Atalanta: «Come modello mi piace, una squadra diventata forte nella stabilità economica. Rispetto e ammirazione per loro, ma dove erano dieci anni fa? Se i romanisti avranno fiducia nella proprietà e nell’allenatore, sono sicuro che la nostra direzione è quella giusta».

La difesa a quattro è sempre stato il suo marchio di fabbrica. O quasi sempre. Su quell’allineamento difensivo, però, ha costruito gran parte dei trionfi. E da lì, dal 4-2-3-1, è partito anche a Roma, tranne poi dover cambiare in corsa a causa dei tanti infortuni.

Così nel buio di Venezia è nata un’altra Roma, con la difesa a tre e quel 3-5-2 che ha valorizzato alcuni giocatori e dato più equilibrio alla squadra. «Mi piace giocare a tre, ma non a cinque», ha detto Mou. Tradotto, va bene la difesa a tre, ma gli esterni devono essere due che vanno, che fluidificano.

Ecco perché El Shaarawy era perfetto a sinistra ed ecco perché Karsdorp non riposa mai a destra. Con il 3-5-2, poi, Mou ha dato anche una spalla ad Abraham, facendolo così sentire meno solo davanti e togliendogli parte del peso e della responsabilità dell’attacco. E ha ridato nuova vita a Mkhitaryan, che da mezzala palleggia e distribuisce gioco, da trequartista esterno nel 4-2-3-1 era invece costretto a quei rientri difensivi che lo annebbiavano.

Anche ieri Mourinho è stato chiaro, utilizzando una parola che gli sta molto a cuore: «Empatia». Che poi è quella che lui da sempre cerca con l’ambiente in cui lavora e con i giocatori. Molti si butterebbero nel fuoco per lui, qualcun altro non verrebbe vederlo più. Di certo Mou con il gruppo ha un rapporto speciale, forte, a tratti anche estremo.

I giocatori li difende ma li stimola anche con critiche forti, a livello dialettico. A Roma in questi sei mesi è successo spesso, parlando di rosa scarsa, di giocatori lenti, di gente senza esperienza o di bambini alle prime armi. Anche ieri, confrontando Atalanta e Roma, è stato esplicito: «Da una parte c’è una squadra con 25 giocatori di esperienza, dall’altra una con al massimo 14-15». Mou a Roma si è creato il suo gruppo di fedelissimi e con quelli vuole andare in battaglia, fino alla fine. Al loro fianco i ragazzi (Felix, Bove, Zalewski su tutti) in cui crede di più. Poi, è ovvio, a gennaio si aspetta almeno due pedine da Tiago Pinto per rinforzare l’organico.

Il giochino, per tutta la sua carriera, è sempre stato lo stesso: spostare l’attenzione altrove, soprattutto quando le cose non vanno nel migliore dei modi a casa propria. E questa strategia comunicativa Mourinho l’ha applicata anche in questa avventura romana, prendendosela spesso con gli arbitri, qualche volta anche con i media. L’obiettivo è sempre lo stesso, creare un fortino a difesa del suo mondo, far sentire il gruppo perseguitato e trascinare così dalla sua parte anche i tifosi.

A Roma, però, Mou ci ha messo anche altro e cioè la sottolineatura continua di una rosa non all’altezza, proprio quando invece Tiago Pinto – nel giorno della sua conferenza di presentazione – era stato chiaro: «Faremo una squadra all’altezza del blasone di José». Negli ultimi giorni, però, Mou ha fatto una brusca inversione. «A gennaio nessuna follia», il succo del suo pensiero. Strategia comunicativa anche questa? Forse è più probabile che Mou abbia avuto rassicurazioni. In un senso o nell’altro.



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