Sollecitata ai confini dello sfinimento dai club più blasonati d’Europa, la Uefa finalmente ha capito di disporre di poche strade buone per evitare l’implosione dell’intero sistema. E così, con molta, moltissima fatica, ha varato un cambiamento che non si potrebbe definire altrimenti che profondo. Quel che interessa noi italiani è comunque un solo elemento in particolare: a partire dal 2018 la Serie A qualificherà quattro squadre in via diretta alla Champions League. Una bella notizia, non c’è dubbio. «Questa è un’evoluzione, non una rivoluzione», si sono affrettati a commentare da Nyon. Insomma, decaduto (o destituito) il presidente Michel Platini, vale a dire l’architetto della formula della Champions allargata, è chiaro che la Uefa abbia potuto modificare con una ritrovata semplicità l’intelaiatura dei tornei. Con una certa coerenza, i dirigenti del pallone europeo si sono allineati al volere delle società. Reclamavano un peso decisionale maggiore, i presidenti delle grandi, e volevano soprattutto fosse riconosciuta la statura della storia dei club. Per non perdere e disperdere soldi e consensi, allora la Uefa ha riscritto il perimetro e il profilo della Champions, scegliendo di ruotare l’asse della competizione intorno ai ranking.

IL PERICOLO – Semplice è il ragionamento. Al ranking Uefa per nazioni sarà consegnato il compito di stabilire il numero delle squadre che ogni Paese potrà accreditare. I primi quattro Paesi, dunque al momento la Spagna, la Germania, l’Inghilterra e l’Italia, avranno come si diceva quattro rappresentanti diretti. Addio playoff, turni preliminari e partite ufficiali a Ferragosto. Alle successive quattro nazioni della classifica generale spetteranno invece due qualificate dirette e una ai playoff. Come accade ora all’Italia, per intendersi. Per cui è vero che l’Italia ad oggi può dormire sonni sereni, ma è altrettanto possibile che la A scivoli di nuovo oltre la quarta posizione, vittima del sorpasso della Francia, o della Russia, o del Portogallo. A quel punto il nostro campionato e le nostre squadre si ritroverebbero precisamente nella posizione attuale. Cambierebbe nulla.

I TRE BLOCCHI – Diverso è il quadro legato al ranking per club. Sarà una cifra composta, per così dire, da parametri differenti. «Pacchetti» di risultati, si potrebbero definire. Si calcoleranno i risultati europei collezionati da ciascun club tra il 1956 e il ‘93; tra il ‘93 e il 2008; e tra il 2008 e il 2018. Si mescoleranno i numeri e le percentuali: e il dato che scaturirà sarà il famigerato coefficiente Uefa. A cosa servirà, questo coefficiente Uefa? Innanzi tutto a decretare le fasce di tutti i sorteggi, visto che sparirà la regola per cui ad agosto nella prima urna si accomodano di diritto i campioni nazionali. E poi sarà la chiave che accenderà la macchina da soldi nascosta dietro, e sotto, alla Champions. Perché dal 2018 i premi economici di una società saranno calibrati secondo quattro voci: una relativa ai risultati ottenuti nella stagione in corso (30%); una seconda connessa ai risultati storici (30%); uno alla quota fissa di partecipazione (25%); e una quarta connessa al market pool, che calerà dal 40 al 15%. Per paradosso, peraltro, valutando la rarità dei successi europei conquistati negli ultimi anni dalle squadre italiane, con la nuova formula i nostri club oggi incasserebbero meno soldi rispetto a quanto guadagnavano nelle passate stagioni. Va comunque annotato che questa «evoluzione» sarà giusto un passaggio intermedio del cammino che condurrà alla vera rivoluzione. Il sogno è una Champions League che si giochi il sabato e la domenica, magari oltre i confini europei. È il futuro, e no, non si può fermare.

(Il Messaggero – B. Saccà)



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