Difficile trovarne due tanto diversi quanto efficaci. Uno, Edin Dzeko, elegante, a servizio dei compagni prima che di se stesso, piedi da trequartista e fisico da centravanti, talvolta troppo buono e di conseguenza poco spietato davanti alla porta; l’altro, Gonzalo Higuain, vive per il gol e alla prima occasione la butta dentro (vedi Cagliari), poco incline a partecipare alla manovra, furioso a ogni passaggio sbagliato o fischio arbitrale contrario, ma devastante nei momenti cruciali. Sono loro a guardare tutti dall’alto nell’avvincente corsa dei bomber di serie A: 18 gol a testa su 24 partite giocate in campionato (ma Edin ne ha realizzate 4 di più nelle coppe: 7 a 3), sempre presenti comprese le sporadiche partite iniziate in panchina e finite in campo nell’avvio di stagione, con lo juventino che ha collezionato però 297 minuti in meno del rivale (recuperi compresi) e fa centro una volta ogni 104 giri d’orologio, mentre la media del giallorosso è di una rete ogni 120.
Entrambi sono essenziali per il gioco di Roma e Juventus. In modo opposto: Allegri lascia libero il suo centravanti di svariare, ma è solo nell’area di rigore che Gonzalo riesce davvero a incidere con tutta la sua incredibile cattiveria agonistica; Spalletti, invece, sfrutta nell’intero fronte offensivo la capacità del bosniaco fare sponde, difendere palloni, innescare i movimenti dei compagni e poi di finalizzare. Ma alla fine un attaccante viene giudicato sempre e solo per i gol. E finora l’equilibrio regna sovrano. Le carriere prese nel complesso, in assoluto, confermano che il paragone tra i due regge eccome: 219 gol in 504 gare ufficiali con i club per Dzeko contro i 248 su 482 match di Higuain, ai quali vanno aggiunti rispettivamente 49 e 31 reti in nazionale. In tutto fanno 267 marcature del bosniaco e 279 per il Pipita, numeri da bomber di livello mondiale, ancora migliorabili. Se la scorsa stagione non c’è stata partita, con Higuain protagonista della migliore stagione della carriera a Napoli e Dzeko in difficoltà estrema nell’adattamento alla nuova realtà romanista, tra errori incredibili e targhetta di «bidone» incollatagli troppo presto, mai come adesso il confronto ci sta tutto e potrà incidere parecchio nella lotta scudetto. Scavando in profondità nella statistiche, il numero 9 romanista si muove più dello juventino (9.8 chilometri percorsi a partita contro i 9 dell’argentino), ha una maggiore confidenza con l’assist – 13 a 5 in favore del giallorosso – ma è certamente meno freddo davanti alla porta: lo testimoniano i 107 tiri provati (nessuno come lui in Europa) e i due rigori sbagliati a Udine e domenica scorsa a Crotone, mentre a Gonzalo sono bastate 70 conclusioni per segnare lo stesso bottino di reti.
Numeri che descrivono perfettamente la differenza tra i due, entrambi in lizza anche per la Scarpa d’Oro, la cui classifica, al momento, è guidata dal «parigino» Cavani. Nessun tifoso juventino cambierebbe mai il Pipita con Dzeko, non c’è dubbio, ma parecchi presidenti preferirebbero spendere 15 milioni, come ha fatto due estati fa la Roma, piuttosto che pagare la carissima clausola da 94 milioni di euro versata dalla Juventus al Napoli. Dai freddi numeri si evince anche come la squadra di Sarri abbia più facilità a segnare oggi con Mertens & Co. piuttosto che l’anno scorso quando il riferimento in area era sempre quello: lo straordinario Higuain. Quanto ai risultati di squadra, il centravanti è importante per tutti ma nel calcio di oggi non può fare la differenza da solo. Molto probabilmente la Juventus sarebbe prima in classifica anche se avesse Dzeko lì davanti, l’argentino farebbe forse più gol nella Roma ma faticherebbe a vincere come gli è già successo nel Napoli. Intanto ognuno si tiene il suo bomber. E i conti veri si faranno alla fine.
(Il Tempo – A. Austini)
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