Roma-Atalanta 1-0

L’aggancio in classifica della Roma all’Atalanta è meno virtuale di quanto non dica la partita in più giocata rispetto alla squadra di Gasperini. Perché l’ha battuta due volte in campionato e anche stavolta, pur senza travolgerla come a Bergamo, l’ha meritato: disinnescando le sue qualità migliori e sfruttando al meglio le proprie, lasciando all’Atalanta appena possibile, ovvero dopo l’1-0, un inutile governo della partita (65% di possesso palla) per dedicarsi al killeraggio che preferisce, quello in ripartenza, scrive La Gazzetta dello Sport.

Perché ha confermato di essere in salute, al contrario della Dea, con il settimo risultato utile di fila. Perché è una macchina che ha trovato un’andatura più regolare una volta solidificata la carrozzeria posteriore: in quattro delle ultime sette gare non ha preso gol. Soprattutto perché Mourinho, che da squalificato può vivere sereno (tre vittorie su tre viste dalla tribuna o dal pullman), oggi ha il centravanti che Gasperini non ha.

Tammy Abraham, 13 gol in campionato e 20 in stagione, l’uomo che apre le partite come scatolette: in otto occasioni ha segnato il gol dell’1-0 e una volta di più ha confermato un feeling con Zaniolo che, perlomeno negli episodi, ha deciso la partita esattamente come all’andata.

Ecco, appunto, la gara del 18 dicembre: ieri si è come chiuso un cerchio tutt’altro che perfetto per l’Atalanta. Proprio contro la Roma è iniziato il vortice che l’ha risucchiata verso il basso: da allora dieci punti in dieci partite, perdendo tre delle ultime cinque. Sono sei in totale, più di tutte quelle che la precedono: se quello di ieri era un test in chiave Champions – soprattutto per la continuità che serve ad arrivarci – ha spiegato che così sarà difficile prendersela.

Anche più di quanto non dica la classifica: ancora rimediabile, anche se da ieri sorride un po’ di più alla Roma e alla Lazio, e figuriamoci alla Juve. Una volta almeno in trasferta la Dea faceva scorribande, ieri non ha segnato per la terza gara di fila. Un passo indietro evidentissimo e inatteso rispetto alle ultime due partite con Olympiacos e Sampdoria: altro spessore la Roma, e si sapeva, ma la squadra di Gasperini ci ha messo del suo.

Proprio l’approccio alla partita era stato un indicatore chiarissimo di un vento improvvisamente cambiato di nuovo: Roma intensa e aggressiva e Atalanta timorosa, quasi preoccupata di non concedere gli spazi che le erano stati fatali a dicembre. Gasp aveva riproposto il 4-2-3-1 senza centravanti, presto svalutato dalle pochissime tracce del tourbillon di fraseggi e inserimenti che da vincente lo hanno reso sterile, zoppo sugli esterni alti per la giornata negativa di Pessina e soprattutto Pasalic e senza varchi in mezzo, dove Miranchuk ha trovato ossigeno solo allontanandosi dalla morsa di Smalling, dunque lasciando troppo vuota l’area.

Neanche lo spavento dopo appena 3’ (Musso in versione volante su colpo di testa di Mancini) aveva scosso l’Atalanta, dando invece coraggio alla Roma: continua nella spinta sulle fasce, soprattutto con Zalewski, saggia nella regia di un Mkhitaryan stra-continuo nelle due fasi, via via più registrata nelle connessioni di Pellegrini con Zaniolo e Abraham.

Così i due complici dopo mezzora hanno trovato la luce della verticalità negli spazi che li sa rendere letali: una palla persa da Pasalic è stata trasformata da Karsdorp in profondità assoluta e prima Nicolò e poi Tammy hanno smascherato gli errori di posizione di Palomino e Demiral.

Nella ripresa, a quel punto, la Roma ha potuto giocare la sua partita preferita: provando a replicare quella scena del delitto perfetto tutte le volte che ha potuto. È andata vicina al 2-0 soprattutto con Pellegrini lanciato in corridoio centrale da Mkhitaryan, ha trovato ancora l’avversaria sbilanciata con Mancini e Abraham che hanno mirato alto il raddoppio e Zaniolo fermato all’ultimo da Palomino.

All’Atalanta è servito a poco mettere le tende nell’altra metà campo e a Gasp rischiare tutto l’arsenale offensivo, smanettando ruoli e posizioni. Una vera chance per il pareggio è capitata solo a Freuler dopo 6’, ma Rui Patricio ha tirato giù la sbarra. Troppi errori nella costruzione, troppi spazi oscurati dalla doppia barricata che Mou non si è fatto scrupolo di edificare, con un 5-4-1 sempre più conservativo: quell’1-0 pesava troppo. E magari peserà per entrambe, nella corsa a un posto in Europa.



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