(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) Se appartenete alla filosofia: «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta», vi consigliamo di voltare pagina, perché questo articolo non fa per voi. La non convocazione di Nainggolan per la difficile gara con l’Atalanta, infatti, è un punto di svolta per la Roma, che sa bene come, in un momento difficile, rinunci a quello che (con De Rossi) è il giocatore più amato. Per questo la decisione merita un plauso che deve prescindere dall’esito del match, perché certifica che ci sono dei principi più importanti del contingente e per cui vale la pena di rischiare l’impopolarità. Il video (postato da lui stesso) in cui Nainggolan beve, fuma e bestemmia, è parso a molti (ma non a tutti) un mix tra poca professionalità, autocompiacimento e senso d’impunità, difficile da tollerare per chi paga lo stipendio (il club) e per chi deve dire ad altri di stare fuori (il tecnico). Certo, la decisione non è stata semplice, ma lo spirito vincente da creare – di cui ha parlato il d.s. Monchi alla squadra – si forma anche attraverso gesti esemplari. E non era un caso che il d.s. ieri abbia assistito alla conferenza, come per dare forza a Di Francesco. D’altronde, è noto come Nainggolan sia recidivo in fatto di trasgressioni che in passato altri allenatori avevano tollerato. Certo, a Trigoria è passato anche un «hombre vertical» come Luis Enrique, che non esitò a mettere fuori squadra per motivi disciplinari gente come Osvaldo, De Rossi e Kjaer. Perse e fu crocifisso, ma l’anno successivo Zeman certificò: «A Trigoria non si rispettano le regole». Vero o falso che fosse, la musica è cambiata. E per chi gradisce altri spartiti, c’è sempre il mercato che spesso fa felici tutti.
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