Patrik Schick

(Il Tempo – E. Menghi) Per apprezzare le sue perle bisogna andare a scovare qualche vecchio video con la Sampdoria, o magari sbirciare l’ allenamento a Trigoria, dove tutti sono convinti che abbia un tocco di palla sopra la media. Schick si è sempre fatto notare, già da quando era piccolino e si annoiava a correre, voleva solo il pallone e attendeva con impazienza il sacro momento della partitella con l’ unico obiettivo disegnare. Un chiodo fisso per lui, che come ogni attaccante vive per il gol ed è dalì che deve ripartire. La sola rete in giallorosso realizzata finora è quella al Torino in Coppa Italia, ma c’ era poco da festeggiare, visto che il sigillo finale non ha evitato l’ eliminazione dal torneo e Patrik è tornato presto nell’ ombra, totalizzando 235 minuti dopo quel 20 dicembre. L’ unica gara giocata dall’ inizio alla fine è stata, a detta di Di Francesco, la più brutta di quest’ anno: Roma -Milan 0-2. Il ceco aveva sulle spalle la responsabilità di sostituire Dzeko che poco era piaciuto all’ allenatore nella precedente uscita in Ucraina, ma non ha inciso. In qualche occasione ha regalato numeri d’ alta scuola, ma lo zero alla voce tiri in porta è un vuoto imperdonabile. Troppo nascosto dietro le spalle di Bonucci e Romagnoli, se l’ è cavata meglio con la difesa granata, seppur rimaneggiata, e il giudice sportivo gli ha riconsegnato la chance di giocarci contro per ritrovare il gol perduto. Dzeko a Napoli ha preso un’ ammonizione pesante che lo costringe a fermarsi per un turno (idem Fazio) proprio quando le cose avevano ripreso a girare nel verso giusto: la doppietta del San Paolo sa di rinascita, ma bisognerà aspettare la controprova nella sfida decisiva degli ottavi di Champions League con lo Shakhtar. Edin avrà la possibilità di riposarsi, una cosa che raramente ha potuto fare in questa stagione in cui non è mai rimasto a guardare in panchina, nemmeno in Coppa Italia. Colpa della mancanza di un vice che non lo facesse rimpiangere. Schick è, per ruolo, il doppione del bosniaco, nonostante i tentativi iniziali di schierarli vicini. «Se non si è liberi di testa non si può giocare da nessuna parte, Patrik deve ritrovare se stesso», diceva Di Francesco un mese e mezzo fa. Ieri l’ allenatore a margine dell’ allenamento si è soffermato qualche minuto in più a parlare con la punta ceca che avrà il compito di dare continuità all’ attacco da urlo visto a Napoli. Col Torino tocca a lui e non può sbagliare. Questa è la prima settimana che inizia con la consapevolezza di ottenere una maglia e alla ripresa ha mostrato il piglio giusto. Defrel proverà a insidiarlo, ma difficilmente cambierà un destino già scritto. Magari nel turnover potrà comunque recitare la sua parte, al pari di Silva che freme per esordire e di Gonalons, che dopo due mesi in infermeria potrebbe approfittare del problema alla caviglia di De Rossi. Il capitano è già sulla via del recupero, non sono stati necessari gli esami, e alla ripresa si è allenato in palestra con i titolari di Napoli. A far più male è la ferita aperta dopo la morte dell’ amico Astori, la moglie Sarah Felberbaum ha rinunciato alla notte degli Oscar per restargli accanto, Di Francesco ha spostato al pomeriggio la seduta di giovedì per permettere a chi vuole di andare ai funerali a Firenze. Scendere in campo la sera dopo non sarebbe facile.



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