Monchi, direttore sportivo della Roma

(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini) Cosa si possa fare sul mercato con 124,6 milioni di euro di budget a disposizione non è domanda semplice a cui rispondere, non vale per tutte le stagioni e non è materia del tutto pianificabile a priori. E, soprattutto, non vale neppure il ragionamento, per dirla alla Carlo Verdone, del tanto valeva risparmiare e tenersi Salah (e magari pure Rüdiger e Paredes). Però c’è da mettersi d’accordo su un principio: il tempo del calcio è il presente. Lo sa anche Monchi che, due mesi fa, diceva del suo mercato: «I bilanci si fanno alla fine. Se lo avessimo fatto dopo i primi 6 o 12 mesi di Dani Alves al Siviglia mi avrebbero buttato nel Guadalquivir. Noi abbiamo preso 8 giocatori: sono contento al 100%? No. Ho fiducia? Sì». Aspettando e sperando, però, dalla Roma nel corso degli anni sono andati via senza vincere allenatori, dirigenti, calciatori. E allora lo stesso direttore sportivo non si sorprenderà poi troppo nel percepire che adesso, da queste parti, nel mirino è finito lui, verrebbe da dire soprattutto lui, almeno alla pari del tecnico e dei calciatori.

IN CRISI – Che poi, beffarda ironia, il boomerang per Monchi è rappresentato dal suo stesso manifesto ideologico, da quel suo «il problema non è vendere, semmai è comprare male». In attesa del bilancio definitivo, la Roma che mette in campo Eusebio Di Francesco – per intendersi, sia quella che ha battuto il Chelsea sia quella che ha perso due settimane fa con la Juventus – è assai più simile a quella lasciata in eredità da Walter Sabatini che a quella immaginata da Monchi. Non vale come alibi per nessuno, ma di quei 124 milioni (bonus compresi) solo 15 sono serviti per avere un impatto concreto e positivo sulla stagione della Roma: Kolarov e Pellegrini, persino scontato ricordare i nomi degli unici due nuovi acquisti che oggi, in un’ipotetica pagella, sarebbero sopra la sufficienza. Il resto fa rima con flop, dove flop contiene una gamma di opzioni molto ampia. Karsdorp è stato più a Villa Stuart che a Trigoria, Schick (che ieri si è visto confermare l’idoneità sportiva dopo alcuni controlli cardiologici) è dentro un tunnel che ora è diventato psicologico oltre che tecnico, Gonalons fa rimpiangere De Rossi una partita sì e l’altra pure, Hector Moreno ha disputato 317’ stagionali, Defrel (ieri a Trigoria per allenarsi) fa ricordare con il suo numero 23 sulle spalle i milioni spesi per prelevarlo dal Sassuolo (a fronte di zero gol), Cengiz Under sembra lontanissimo dall’essere un giocatore pronto all’uso, come avrebbe imposto un investimento da 14,9 milioni complessivi. Il tutto, aggravante mica da poco, a fronte di un allenatore che almeno fino a due settimane fa ha fatto del turnover – e dunque delle chance concesse a tutti – un punto inderogabile.

GIOVEDÌ IL VERTICE – Inderogabile, per la Roma, è piuttosto arrivare tra le prime quattro a fine campionato. E questo lo sa bene Monchi, che domani partirà per Londra. Oggi sarà anticipato dal d.g. Baldissoni, dall’a.d. Umberto Gandini e dal direttore media Fienga, giovedì arriverà il presidente Pallotta: stati generali (anche) per provare a uscire dalla crisi. Con un portafoglio vuoto e una voglia grande così di sistemare le cose: hai visto mai che l’emergenza non stimoli un po’ di finanza creativa.



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