C’era anche Lulic, mentre i tifosi laziali persi nella retorica pre-derby, paragonavano la sfida alla Roma a «una guerra etnica». Ma quella era retorica, appunto. Quella che invece Senad Lulic s’è concesso a partita finita, con il sangue ancora bollente per la sconfitta è altro. Il suo epitaffio su una giornata da dimenticare per i laziali suonava più o meno così: «Rüdiger fino a due anni fa vendeva calzini e cinture a Stoccarda, ora fa il fenomeno». Abbastanza per far inorridire chi lo ascoltava e in quelle parole avvertiva un riferimento dai contorni razzisti.
Perché Rüdiger? si sono chiesti tutti. Bisogna tornare a sabato mattina, quando sui tavoli di Formello è finito il quotidiano “Il Tempo” con l’intervista al difensore tedesco, titolata: «Lazio chi? Vinciamo noi». E in cui Rüdiger aggiungeva: «Il loro allenatore non lo conosco». Ai giocatori della Lazio quelle parole non sono piaciute, il primo a esplicitare un certo risentimento era stato il più laziale di tutti, Danilo Cataldi, come avrebbe fatto qualsiasi altro 22enne: su twitter. «Chi ha parlato? Non ti conosciamo…». Schermaglie tradotte poi sul campo: il capannello dopo il gol di Strootman, chiuso proprio con l’espulsione di Cataldi, nasce da uno scambio di battute tra difensore romanista e centrocampista laziale, che stava protestando con il quarto uomo. Scambi coloriti colti da Strootman, che aveva risposto schizzando con la bottiglietta il rivale.
In nottata aveva aperto il derby l’arresto di un ultrà laziale e la denuncia di altri 4, tutti trovati con mazze e bastoni. Le frasi di Lulic hanno portato però la contesa su un terreno diverso. Anche un dirigente della Lazio, nel tentativo di sdrammatizzare, è scivolato: «Lulic? Con frasi simili Trump ci ha vinto le elezioni». Altro inciampo, come il primo tentativo di rettifica da parte di Lulic: «Anche i bianchi vendono calzini», che pareva esplicitare l’alone razzista. Scontato che il procuratore federale Pecoraro acquisisca le registrazioni per valutarle: se riscontrasse dichiarazioni discriminatorie , Lulic rischierebbe almeno 10 giornate di squalifica e 20mila euro di multa (art. 11). A Rüdiger l’episodio lo hanno raccontato appena uscito dallo spogliatoio: dicono abbia sorriso e scosso la testa, senza però buttare nuova benzina sul fuoco. «Sono parole che si commentano da sole», la sintesi del dg romanista Baldissoni. Sposata da Spalletti: «Quelle frasi sono un problema per chi le dice». Nainggolan ha affidato ai social un’immagine con il “No to racism” dell’Uefa e la scritta: «Qualcuno dovrebbe imparare queste tre parole». Alla fine però arrivano anche le scuse vere, della Lazio e del giocatore: «Dopo la partita la testa si scalda e si dicono cose che non si dovrebbero dire», il mea culpa – più riuscito – di Lulic. seguito dalla nota della società che «si duole», per quelle frasi e «chiede scusa», per parole «nate dalla concitazione del momento» e «espressione di un derby perso e che ha fatto male ai giocatori». Non solo a quelli della Lazio.
(La Repubblica – M. Pinci)
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