E all’ultimo Immobile cancella la Macedonia dalla lista delle Coree azzurre. Ma dev’essere questo il destino dell’Italia di Ventura: sbagliare tanto, soffrire, quasi precipitare nel baratro e poi risorgere quando ormai tutto sembra perso. Con la Spagna, dopo il liscio di Buffon, ecco il rigore di De Rossi che cambia la storia. Con la Macedonia, due categorie sotto malgrado lo striminzito 3-2 strappato nel recupero, il commovente Immobile: è suo l’unodue che ribalta una sconfitta dai potenziali effetti distruttivi. Il tutto scatenato dallo sciagurato retropassaggio di Verratti. Un altro errore da matita blu. Qui non è (soltanto) questione di giovani e vecchi, ma di «follie» che non possono ripetersi con questa pericolosa puntualità. A cominciare proprio da Verratti, che tutti aspettiamo come il profeta, ma che non può più permettersi leggerezze del genere. Macedonia-Italia è un film, anzi uno di quei kolossal all’americana pieni di effetti speciali e tanta distruzione, per fortuna con il lieto fine del risultato, del nuovo 4-2-4 con il quale chiudiamo bene, della coppia Belotti-Immobile da applausi. Ma i segnali cominciano a farsi preoccupanti.
IL PROGETTO NON VA – E non ci sono scuse. Neanche può essere invocato come giustificazione il gol regolarissimo di Parolo – sul 2-2 – che avrebbe chiuso in anticipo il conto. Una svista pur grave del guardalinee fa parte del gioco (quello precedente ci aveva «fischiato» il rigore con la Spagna). Non è accettabile piuttosto l’atteggiamento degli azzurri che sull’1-0, dopo quasi un’ora, avrebbero dovuto gestire da Italia, una volta superato il momento difficile. Sì, la Macedonia ci aveva fatto un po’ paura, l’occasione di Pandev, la traversa di Nestorovski: insomma, aveva risposto con intelligenza al chiaro piano tattico di Ventura che, con il giro palla basso dei difensori e Verratti, invitava a uscire per colpire con lancioni lunghi verso Immobile e Belotti. Angelovski chiudeva i suoi a cinque ma poi, forse illuso da un paio di belle azioni, avanzava l’infaticabile Alioski sulla linea di Pandev. Trasformando il 352 in un 3-4-2-1 che impoveriva la difesa.
AZZURRI IN BAMBOLA – Quasi diretta conseguenza delle maglie macedoni più larghe, la ripartenza di Bernardeschi, il calcio d’angolo, e il bel gol al volo – il primo – di Belotti al 24’. Una grande la chiude qui contro la 146a del ranking Fifa, gestisce con la conclamata superiorità tattica, e sferra il colpo del k.o., ma noi grandi non siamo. Non adesso. Il ritmo non è trascendentale e, soprattutto, cominciamo a scoprirci troppo lasciando spazi a Pandev e Nestorovski, che combinano bene e, tra le linee, non sprecano fiato inutile ma restano in agguato. Non siamo preparati neanche all’entrata del più offensivo Ibraimi, che sposta un po’ il baricentro, ma siamo onesti: senza il «colpo di testa» di Verratti, la partita non si sarebbe riaperta. Invece Nestorovski se ne va che è uno spettacolo e, meno di 3’ dopo, su ennesimo errore in costruzione, Hasami firma il 2-1.
SOLITA REAZIONE DISPERATA – L’Italia è sotto choc, a meno di mezzora dalla fine. Psicologicamente è peggio che con la Spagna. Macedonia che per poco segna il terzo, «Under» che si guardano con gli occhi spalancati e poi, ancora una volta, la reazione disperata e i cambi che risolvono. Fuori le mezzali Bernardeschi e Bonaventura, nessuno dei due marcatore vero, nei guai con Alioski e Hasani. Dentro Sansone e Parolo per un 4-2-4 in anticipo sui tempi. Dare un significato speciale alla tattica, però, sarebbe fuorviante: si comincia ad attaccare in otto, ecco la verità, con Romagnoli e De Sciglio che si sovrappongono, e così si scrive un’altra partita. La Macedonia si fa schiacciare, gli azzurri che creano pericoli con la forza della disperazione: soprattutto Sansone a sinistra velocizza la manovra, mentre Immobile è dovunque. E i due gol (al 30’ e al 46’) sono tutti suoi perché ci crede. Sempre.
QUALE FUTURO – E adesso, dopo tutti questi traballamenti, siamo in testa alla classifica con la Spagna (avanti in Albania), pensa un po’. Tutto bello, 53a partita senza sconfitte nelle qualificazioni ai Mondiali ed Europei, il tempo di lavorare sui difetti che emergono. Andare al tappeto qui significava prepararsi ai playoff in anticipo, nel migliore dei casi. Ora recuperiamo senza farci prendere dal panico: i giovani ci sono, Bernardeschi mezzala ha bisogno di un Gattuso sull’altro lato, l’attacco ha entusiasmo e fame. Ma continuiamo a prendere gol, già 7 in 4 partite, e le colpe non sono soltanto della difesa ma di errori e di equilibri globali. Non conosciamo ancora la vera faccia dell’Italia di Ventura: quella dell’inizio o quella degli assalti finali?
(Gazzetta dello Sport – F. Licari)
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