(Il Tempo – S. Pieretti) In Italia ci sono sessanta milioni di commissari tecnici, tranne uno. Che il commissario tecnico lo fa davvero, e che non ha alcuna intenzione di andarsene. Gian Piero Ventura non intende dimettersi anche se lo afferma – per svincolarsi dal pressing delle Iene – e lo nega con un sms all’Ansa nel giro di un caffè. Amaro, s’intende. Nel primo giorno P.S. (post Svezia) del primo anno P.S. (post Svezia) la scommessa persa dalla Federcalcio ha un nome e un volto, quello di un allenatore che meno di dieci otto anni fa – era il 2009 – non avrebbe scommesso un centesimo sulla proprie possibilità di diventare commissario tecnico: «Se succedesse – dixit Ventura in diretta tv ad Antenna Sud di Bari – poi dovrebbero arrestare quelli della Federcalcio».
Poco ci manca, considerando il crack economico della mancata qualificazione, con un disavanzo che si avvicina ai 100 milioni di euro. Peggio di così non poteva finire, con i veterani di Berlino costretti ad alzare un calice di fiele per brindare al loro addio mentre allenatore e dirigenti sono ancora lì, aggrappati alle poltrone, nel tentativo di salvare carriere già trapassate; il contratto di Ventura arriva fino a giugno, in teoria potrebbe restare in panchina per altri sette mesi durante i quali la Nazionale cercherà di rinascere dalle proprie ceneri; amichevoli già fissate con Inghilterra e Argentina, gli Azzurri saranno sparring di lusso per due selezioni che – insieme – non hanno vinto nella loro storia quanto ha vinto l’Italia.
È il punto più basso della storia del calcio italiano, la più grande umiliazione sportiva della storia del Paese; nel 1958 la selezione di Alfredo Foni rimase fuori dal Mondiale di Svezia, ma i posti a disposizione erano soltanto sedici. Oggi il ricordo dell’eliminazione contro la Corea del Nord rimediata ai Mondiali inglesi del 1966 sembra – al confronto – quasi onorevole, per non parlare del tracollo sudafricano o brasiliano nelle ultime due edizioni della Coppa del Mondo. Siamo retrocessi nella serie B del Calcio, dopo quattro mondiali vinti, altre due finali disputate, un terzo e un quarto posto: otto piazzamenti su venti edizioni. Le macerie sono sotto gli occhi di tutti, ma prima di ripartire è necessario rimuoverle.
Il commissario tecnico sembrerebbe intenzionato a contrattare la buonuscita prima di rassegnare le dimissioni. Persa la faccia, non parrebbe intenzionato a perdere i suoi soldi. La situazione l’aveva persa di mano già da tempo, con le riunioni dei calciatori fatte passare come una cosa “ordinaria” – e che ordinaria non era – e con le frizioni del post partita di Stoccolma che avevano portato il gruppo a un passo dall’autogestione, e il commissario tecnico a un passo dalle dimissioni; situazione ricomposta, posticipata, in attesa di un pass mondiale che non è mai arrivato. La sensazione è che il cammino di Ventura sarebbe comunque terminato, pur con la qualificazione in tasca. Ora è ovviamente necessario trovare un sostituto, ma la soluzione interna che porta a Di Biagio andrebbe scongiurata a prescindere, considerando il fallimento olimpico della sua Under 21 (non si qualificò per Rio 2016 ndr) fatto passare sotto silenzio.
Il nome più caldo, attualmente, sembra quello di Carlo Ancelotti che assumerebbe non solo il ruolo di allenatore ma anche quello di responsabile dell’intero settore tecnico. Poi c’è quello di Antonio Conte – sarebbe un ritorno di fiamma – e le candidature più o meno forti di Allegri e Mancini: hanno tutti un paio di caratteristiche in comune: hanno una discreta esperienza internazionale e guadagnano tanto: forse troppo. Fuori da questo poker d’assi c’è un altro asso, il leader del campionato italiano: ha meno esperienza internazionale, e meno pretese. Ma gioca, senza dubbio, un gran calcio. Proprio ciò che è mancato. Il profilo di cui parliamo è quello di Maurizio Sarri, l’allenatore del Napoli. E per ripartire da zero, sarebbe forse il migliore.
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