Ryan Friedkin, Daniele De Rossi

AS ROMA NEWS ESONERO MOURINHO DE ROSSI – Chissà che cosa ha pensato Daniele De Rossi quando lunedì sera ha risposto al telefono e ha sentito la voce di Ryan Friedkin, pronto a fare la sua proposta “indecente”. Di certo, dopo aver avvisato amici e famiglia, ha spento il telefono, perché nessuno doveva sapere, scrive La Gazzetta dello Sport.

Chissà che cosa ha pensato José Mourinho quando ieri mattina è stato chiamato nella saletta presidenziale di Trigoria per sentirsi dire: «Sei esonerato». Di certo quando ha lasciato il centro sportivo era commosso e forse un po’ confuso. La Roma – a sorpresa – ha deciso di cambiare tutto, via il portoghese travolto dalle recenti polemiche, dentro l’allenatore più amato dai tifosi.

Una decisione che i Friedkin hanno preso alla luce dei risultati di questa stagione, considerati inaccettabili, e dei continui alibi messi in piazza da Mou. Perché adesso? Anche per dare al successore dello Special One la possibilità di salvare una stagione deludente per tutti. Dan arriva a Roma lunedì pomeriggio e passa la notte a parlare con Ryan: cosa facciamo, chi prendiamo (si era pensato seriamente anche a Conte) e come gestiamo la situazione. Quando è ancora buio partono le chiamate allo staff giallorosso: tutti convocati a Trigoria all’alba.

Qui viene dato l’annuncio dell’esonero, con la scelta del nuovo tecnico ancora da confermare. Mourinho arriva al Fulvio Bernardini presto come sempre, poco dopo le 8, in vista dell’allenamento delle 10.30. Non sospetta nulla. Viene convocato per le 8.30 dalla presidenza che gli comunica la decisione. È decisamente sorpreso, ma accetta la scelta e inizia il suo giro di saluti.

Nel frattempo il team manager Cardini avvisa la squadra: molti faticano a crederci. Alle 9.25 l’esonero viene comunicato al mondo: «L’AS Roma annuncia che José Mourinho e i suoi collaboratori tecnici lasceranno il club con effetto immediato». Con annesse dichiarazioni di Dan e Ryan Friedkin: «Ringraziamo José a nome di tutti noi all’AS Roma per la passione e per l’impegno. Conserveremo per sempre grandi ricordi, ma riteniamo che, nel migliore interesse del club, sia necessario un cambiamento immediato».

La città impazzisce, divisa tra chi urla di rabbia e chi invece ritiene la scelta l’unica possibile. Alcuni contestatori arrivano a Trigoria e spargono volantini contro la proprietà: «Friedkin maiale», «Friedkin vattene», «Friedkin vermi indegni». Intorno all’una Mourinho a bordo di una Mercedes con autista lascia il centro sportivo, i tifosi sono circa un centinaio, lo fermano. Abbassa il finestrino e si concede agli ultimi selfie. «Grazie mister», gli gridano. «Grazie a voi per questi anni», risponde. Poi dritto nell’hotel in cui vive da sei mesi, zona Gianicolo. Telefono quasi sempre spento, fino al post su Instagram delle 22.40: «Sudore, sangue, lacrime, allegria, tristezza, amor, fratelli, storia, cuore, eternità» con le foto dei momenti più importanti in giallorosso.

Daniele De Rossi inizia presto questa giornata per lui tanto importante. Deve confermare il suo sì ai Friedkin, dato senza alcuna esitazione già il giorno prima. È il contatto decisivo. Si parla del contratto: fino al 30 giugno, poi si vedrà. Lui non pone alcuna condizione economica, sa che la sua Roma è in difficoltà e non può che aiutarla. Avrà però un bonus in caso di accesso in Champions League, circostanza per nulla semplice che avrebbe il sapore dell’impresa. E per DDR della conferma.

Alle 13.37 il secondo comunicato del club: «L’AS Roma è lieta di annunciare che Daniele De Rossi è stato nominato nuovo Responsabile Tecnico della Prima Squadra fino al 30 giugno 2024. Farà il suo esordio nella sfida contro il Verona di sabato all’Olimpico». I Friedkin ne sottolineano «leadership e ambizione», poi aggiungono: «Conoscevamo il legame indissolubile che unisce Daniele al club, ma l’entusiasmo con cui ha immediatamente accettato questa sfida ci ha ulteriormente convinto. Bentornato a casa».

C’è spazio anche per le prime parole di De Rossi: «Non conosco altra strada se non quella dell’applicazione, del sacrificio quotidiano e della necessità di dare tutto quello che ho dentro per affrontare le sfide che ci attendono da qui alla fine della stagione. L’emozione di poter sedere sulla nostra panchina è indescrivibile, tutti sanno cosa sia la Roma per me, ma il lavoro che attende tutti noi ha già preso il sopravvento. Non abbiamo tempo, né scelta: essere competitivi, lottare per i nostri obiettivi e provare a raggiungerli sono le uniche priorità che il mio staff ed io ci siamo dati».

Ecco, lo staff. Con lui arrivano l’ex Lecce Guillermo Giacomazzi come allenatore in seconda, Francesco Checcucci match analyst, Giovanni Brignardello preparatore atletico, Simone Farelli preparatore dei portieri ed Emanuele Mancini collaboratore tecnico.

Alle 13.58 De Rossi lascia la sua abitazione sul Lungotevere, altezza Castel Sant’Angelo. Ci sono già telecamere e tifosi, sorride. Alle 14.42 arriva a Trigoria al volante della sua Lamborghini, saluta i tifosi che sono tutti per lui e con lui, come sempre. Parcheggia davanti al bar, lo stesso posto che lo attendeva quando era il numero 16 della squadra. Ryan Friedkin gli va incontro, gli mostra il centro sportivo rinnovato: resta colpito dall’entusiasmo del nuovo tecnico e un po’ anche da come continui a salutare tutti. È davvero ancora casa sua. Quindi l’attesa firma e alle 16.15 il discorso alla squadra, dove ha ribadito che bisogna dare tutto e che non ci sarà spazio per chi non lo farà.

I Friedkin, presenti all’incontro assieme al Ceo Souloukou e al gm uscente Pinto, prendono la parola e ai giocatori lanciano un messaggio chiarissimo: «Adesso sono finiti gli alibi. Dovete darvi da fare». Poi la prima seduta di allenamento, un’ora e 40 tra palestra e campo. De Rossi sa di avere tanto da fare, resta a Trigoria dopo la seduta e cena con lo staff, decidendo alla fine di fermarsi anche a dormire. Venerdì, in concomitanza con la conferenza pre Verona, ci sarà la presentazione ufficiale. Chissà se si dilungherà a raccontare le sue emozioni o se invece avrà fretta di tornare in campo a lavorare. Perché «non abbiamo tempo, né scelta: essere competitivi».



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