Dopo il deludente terzo posto in campionato e la sconfitta clamorosa in finale di Coppa nazionale patita contro il Braga, ad Oporto, a tre anni dall’ultimo trofeo vinto, hanno deciso che era arrivato il momento di cambiare qualcosa, sia filosoficamente che tecnicamente.

Dal 2004, anno della vittoria in Champions targata Jose Mourinho, il Porto ha realizzato un totale di 782,53 milioni di euro dal player trading. Negli ultimi dodici anni la filosofia di mercato dei dragoni è stata chiara: cedere i migliori e, attraverso un efficiente sistema di scouting, rimpiazzarli adeguatamente stagione dopo stagione. Prendiamo come esempio Hulk: prelevato a 19 mln di euro circa dal Tokio Verdy in Giappone, l’attaccante brasiliano è passato allo Zenit per 55 mln, per poi essere degnamente sostituito dal colombiano Jackson Martinez. Stesso discorso vale per Radamel Falcao, la cui cessione all’ Atletico Madrid ha garantito alle casse della società portoghese un plusvalore di 39,66 mln, un 743% di profitto a fronte di una spesa di soli 5,34 mln. E non dimentichiamo James Rodríguez al Real, Mangala al City, Anderson allo United, Moutinho al Monaco, il già citato Martinez o lo juventino Alex Sandro: tutti ceduti per una cifra che oscilla tra i 20-40 mln. Almeno per questa stagione però, questa politica di mercato sembra essere stata accantonata. Felipe, Alex Telles dall’ Inter, Otávio di ritorno dal Guimarães, e Depoitre dal Gent, gli innesti; una sola cessione (Maicon) o forse due/tre (Aboubakar? Martins Indi?), ma nessuna plusvalenza importante come gli anni passati. Ma la novità più interessante della stagione è rappresentata dal ritorno ad Oporto di Nuno Espirito Santo (secondo di Vitor Baia dal 2002 al 2004, e dal 2007 al 2010), protagonista due stagioni fa di un controverso addio alla panchina del Valencia. La caratteristica riconosciuta di quella squadra, per stessa ammissione dell’ex tecnico valenciano, è stata la versatilità.

“La versatilità della squadra può aiutarci a raggiungere quello che vogliamo”, dichiarò Nuno dopo una storica vittoria contro il Real Madrid per 2-1 al Mestalla; in quell’occasione l’allenatore nativo di São Tomé, optò per un 3-5-2, anche se, spesso e volentieri, il Valencia mutava pelle a seconda delle situazioni e degli avversari, passando da un 4-2-3-1 ad un 4-3-3, non disdegnando il classico 4-4-2 o, appunto, la difesa a tre. Nei match d’avvicinamento al preliminare, Nuno ha provato di base un 4-2-3-1 con Otávio e Jesus Corona esterni alti e Ruben Neves davanti alla difesa, con Hector Herrera (corteggiatissimo dal Napoli) tra le linee. Ruben Neves è il leader della squadra. A soli 19 anni, il giovane capitano del Porto, offre qualità, equilibrio e solidità in mezzo al campo. Una rarità. Le due ali succitate garantiscono invece velocità, imprevedibilità e soprattutto tanti assist per la forte punta Andre Silva, che ha praticamente segnato in tutta la pre-season e sembra aver l’aria di chi ha appena iniziato. Il giovane bomber portoghese è abile nel gioco aereo, ha un gran senso del gol e sa scattare al limite del fuorigioco. È abituato a pressare alto (Nuno ringrazia) i difensori avversari che portano il pallone, segno che la mole di lavoro non lo spaventa. A Valencia fondamentale era la circolazione palla dei difensori, in modo da soffrire meno il pressing avversario: Otamendi e Mustafi uscivano egregiamente col pallone, ma soprattutto l’argentino sapeva anche lanciar lungo e garantire quindi un’opzione in più alle punte Negredo-Alcacer. Anche in questi primi test col Porto, Nuno ha chiesto ai suoi nuovi difensori di saper muovere il pallone, e Marcano, più di Felipe, sembra essere adeguato al compito (peccato che Martins Indi sia ormai fuori rosa).

Lo stesso Marcano ha però il difetto di essere abbastanza lento, e contro il Villarreal in amichevole, ad esempio, ha sofferto tantissimo le incursioni di Pato, così come Telles ha sempre sbagliato il tempo dell’intervento ed è stato attratto spesso fuori posizione, insieme ad Otávio e Corona che non rappresentano di certo l’emblema dell’insuperabilità quando si tratta di dare una mano dietro. Così come a Valencia infatti, le squadre di Nuno soffrono costantemente ai lati del campo perché i terzini tendono a concedere spazio dietro di sé, e possono essere facilmente attaccati nell’1vs1. Quanto detto si è verificato anche venerdì sera alla prima in campionato contro il Rio Ave, vinta dal Porto per 3-1, ove la squadra di Nuno ha mostrato ancora la sua debolezza difensiva sulle fasce (Telles inguardabile, anche espulso) e scarsa attenzione sulle palle da fermo (gol subito da calcio d’angolo), con la Roma che quindi potrebbe far male con i suoi saltatori Fazio, De Rossi, Manolas, Dzeko e anche, e soprattutto, con i suoi esterni d’attacco, spine nel fianco anche delle difese più collaudate. Date le sue caratteristiche quindi, la Roma sembra essere avversaria ideale del Porto di Nuno che è sì abbastanza organizzato, ha un centroavanti che sa come muoversi, ma soffre terribilmente sulle corsie esterne quando attaccate. È pur vero che rispetto a Valencia, Nuno non potrà contare sull’ausilio, in mezzo al campo, di giocatori del calibro di Parejo-Andre Gomes, ma la duttilità di Ruben Neves, e la capacità di Herrera “El zorrillo” (la piccola volpe) di sfruttare gli spazi e segnare (9 gol per il messicano lo scorso campionato) è da non sottovalutare.

Per Nuno il preliminare si presenta dunque come una grande occasione. La prima. La sua ascesa nel mondo del calcio è stata brutalmente stroncata a Valencia, e contro la Roma quindi, sarà il momento di dimostrare che quei fischi alla sua presentazione al Mestalla non erano poi così meritati.

Lorenzo Russo



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