Una vita all’attacco. Franco Sensi è l’ultimo presidente che ha regalato lo scudetto ai tifosi romanisti: un campionato memorabile tra tante battaglie, solo contro tutti, senza paure e senza mai voltarsi indietro. Franco Sensi, nato a Roma nel 1926, ha scritto una pagina importante della storia del calcio romano ed italiano. Genuino nel linguaggio, come quando doveva affrontare i suoi nemici storici (Galliani, ndr) che affrontò a viso aperto dopo una delle tante sfide contro i rossoneri. Era terribilmente innamorato della sua Roma che aveva scoperto da bambino, tramite il papà Silvio, e guidato poi da adulto. Immalinconito negli ultimi anni della sua vita per non poterla più seguire da vicino, soprattutto di suo “figlio Totti”. Franco Sensi, infatti, dichiarò tempo prima: “Totti è il figlio maschio che non ho avuto”.
Siamo nel 1605 e tutto era nato a Visso, nelle Marche. La sua famiglia si occupava di transumanza, latte e formaggio. Viene dalla terra, la famiglia Sensi: la transumanza l’ha portata a Roma, intorno al 1700. E lì si è sviluppata l’azienda: il papà di Franco era ingegnere, sindaco di Visso (come poi lo è stato il figlio), editore della Voce Adriatica (ora Corriere Adriatico) e fondatore della Confederazione nazionale coltivatori diretti.
Al figlio ha lasciato un piccolo impero, 1.000 ettari di terreni edificabili a Roma e dintorni ma non solo (anche la gestione della nettezza urbana di molte città pugliesi e imprese di costruzione). Papà Silvio era stato anche fra i fondatori del Campo Testaccio dove è nata la As Roma, perché il calcio ce l’aveva nel sangue: giocava mezzala destra, di lui si ricorda nel 1917 anche una tripletta alla Lazio.
“Anch’io – ci ricordava Franco Sensi – ero un bravo calciatore, attaccante a tutto campo: ero più bravo di papà… Giocavo nel De Merode e nel Marcantonio, ma mio padre volle che continuassi gli studi e mi occupassi dell’industria di famiglia. Così, quando avevo 18 anni, scese dalla macchina e mi prese a calci nel sedere… Ricordo ancora la scena: l’autista che ci seguiva con la macchina e lui che mi rincorreva per le strade di Roma. Qualche mese dopo smisi di giocare a calcio”.
Sensi si laureò in matematica a Messina e iniziò a lavorare nell’industria di famiglia. L’industria intanto è diventata un impero (dicevano, sino a poco tempo fa, che avesse una liquidità di oltre 1000 miliardi delle vecchie lire). Un impero immobiliare (a Roma, in Sardegna, in Maremma, a Civitavecchia), editoriale e petrolifero.
Franco Sensi ha sempre fatto vita molto riservata, solo lavoro e niente salotti. E, soprattutto, è sempre stato alla larga da certi palazzinari romani. “Mai stato in galera, io…”, ricordava sempre con orgoglio. Facendo anche i nomi di chi in galera c’era davvero stato.
Il calcio è arrivato solo nel ’93, con la Roma. “Che ho salvato dal fallimento”, amava ricordare. “Ho preso un cadavere”, disse all’epoca. Un’iniziale coabitazione travagliata con Mezzaroma, poi lui padrone unico. Strada facendo Sensi ha aggiunto anche il Palermo, il Foggia e il Nizza: tutte rivendute, rimettendoci pure. Il calcio, d’accordo, è business ma anche, e soprattutto, passione, che ricorda un calcio antico che ora non c’è più. Totti a parte.
Dicevamo delle sue storiche battaglie: come detto Galliani, Carraro e anche Geronzi. Ha rotto equilibri antichi, con quel coraggio che solo lui poteva avere. Ha tentato anche la scalata alla presidenza della Lega Calcio: gli fecero la guerra, avevano capito che uno come lui faceva paura. I poteri forti lo hanno fermato. Gli uomini veri, autentici, genuini, alla fine, ci rimettono sempre.
Si è battuto per la Roma, è vero, ma convinto anche che non fosse giusto che al comando ci fossero solo Milan e Juventus. Epiche le sue battaglie contro il potere del Nord, e alla fine, nel 2001, ha avuto ragione. Ha spesso avuto idee all’avanguardia ma non sempre ha avuto la forza di difenderle sino in fondo, soprattutto fiaccato negli ultimi anni di vita da problemi di salute e tradito da qualche amico.
Novanta anni fa nasceva Franco Sensi: un gentlemen di altri tempi. Un uomo che ha rivoluzionato il calcio italiano e che ha riportato sul tetto d’Italia i giallorossi nell’era moderna. Erano 18 anni che i giallorossi non vincevano uno scudetto, dal 1983, da quando un altro grande presidente, Dino Viola, aveva tracciato il percorso. Ma Sensi rimane, è rimasto e rimarrà, uno dei più grandi presidenti di sempre della storia della Roma. Tanti auguri presidente. Noi ti vogliamo ricordare così: “Quando vado in macchina per recarmi allo stadio, vedo tutti i tifosi che mi vengono addosso. Io me li abbraccerei tutti, tutti… Noi abbiamo preso tutta la tifoseria di Roma. La Lazio ce ne ha sempre di meno…”
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