Inizia con un pareggio l’avventura europea di Luciano Spalletti e della sua Roma. I giallorossi sono inseriti nel girone E di Europa League, raggruppamento che oltre alla formazione ceca contiene l’Astra Giurgiu e l’Austria Vienna. Il match di Plzen era sicuramente il più insidioso del calendario europeo della Roma e la squadra è comunque riuscita ad ottenere un pari che non modifica le legittime ambizioni di terminare il girone in testa. Tuttavia, l’1-1 non può aver soddisfatto Mister Spalletti e non può aver rassicurato i tifosi, già dubbiosi dopo le amnesie difensive di Cagliari e viste con la Samp.

L’analisi tattica

La Roma si schiera un 4-3-1-2, con Diego Perotti a suggerire dietro le due punte Iturbe e El Shaarawy. A centrocampo, Paredes in veste di playmaker, con il solito Nainggolan da interno, insieme alla sorpresa Gerson. Nel reparto difensivo c’è spazio per Fazio, che fa coppia con Manolas, mentre sugli esterni agiscono Bruno Peres e Juan Jesus. A difesa della porta giallorossa si rivede Alisson, che sostituisce Szczęsny.

La formazione messa in campo da Spalletti sicuramente non è la migliore a disposizione, ma gli impegni ravvicinati rendono necessario il turnover. I giallorossi, nonostante i tanti cambi, mettono in evidenza pregi e difetti già ammirati in Serie A: la fase offensiva a tratti funziona bene (anche se non in modo arrembante), sono una costante di questo inizio stagione invece le difficoltà in fase di non possesso palla.

Gli attaccanti portano pressione sui difensori del Plzen, accompagnati dalla linea mediana con qualche attimo di ritardo, che consente ai cechi di andare puntualmente a trovare le punte. Manolas e Fazio non riescono a tenere alta la linea e alle spalle dei centrocampisti della Roma c’è spazio per giocare. Nainggolan, Gerson e Paredes sono così costretti a percorrere tanti metri prima di tornare sotto la linea del pallone e il Viktoria può costruire l’azione poco disturbata. Non è un caso che arrivino tanti cross nell’area di rigore giallorossa: la Roma è troppo lunga e i tre mediani fanno fatica a chiudere con i tempi giusti. Da registrare anche, in difesa, la generale mancanza di attenzione ed aggressività: i giocatori cechi giocano con il coltello tra i denti, mentre a turno Bruno Peres e Juan Jesus commettono errori superficiali. Fa quello che può Federico Fazio, non adatto con i suoi 195 cm a giocare con diversi metri di campo alle spalle.

In fase di possesso la Roma gioca bene e crea tante occasioni, alcune nitide altre solo potenziali ma comunque degne di nota per la qualità di gioco. Il Plzen è ordinato ed organizzato, ma scolastico e facile da mettere in difficoltà. Nainggolan e Gerson attaccano a turno lo spazio (per la verità lo fa più spesso il belga, ma è normale che il brasiliano non sia perfettamente inserito), costringendo la difesa avversaria a stringersi. Si creano così le linee di passaggio per Iturbe, El Shaarawy, Perotti e Bruno Peres, che a seconda delle circostanze vanno ad inserirsi. Ad ogni modo, i diversi palloni ricevuti in questa maniera dal Faraone o da Perotti non creano quasi mai pericoli alla porta del Viktoria, causa una mancanza di incisività negli ultimi 16 metri. Altro schema utilizzato dai giallorossi per mettere in apprensione la retroguardia dei padroni di casa è la palla profonda tra difensori e portiere, in situazioni di ripartenza. Quando il reparto difensivo dei cechi lascia campo alle spalle, Perotti e Paredes sono veloci a passarla di prima, alta, per una delle punte che prova ad infilarsi. La giocata si ripropone anche nel secondo tempo con interpreti diversi, con Totti in veste di rifinitore e Dzeko come terminale offensivo. Sia il bosniaco che Iturbe hanno le loro opportunità, imbeccati dai lanci dei compagni di squadra, ma quando entrano nell’area di rigore rossoblu manca lo spunto decisivo.

Roma: cosa va e cosa no

Mister Spalletti dovrà lavorare su diversi piani nei prossimi giorni. Ovviamente c’è da affrontare la questione relativa al carattere: una squadra piena di grandi giocatori come la Roma non può scendere in campo con superficialità o avere pause, il salto di qualità si fa solo con la fatica e la concentrazione. Le partite si vincono con la voglia, avere qualità nella rosa e nello staff tecnico non basta purtroppo.

Al di là dell’aspetto mentale, servirà intervenire sulla fase difensiva. I giallorossi non possono pensare di andare in pressione sul pallone e poi restare lontani tra i reparti, in questo modo lo spazio da coprire diventa troppo e ne perde l’aggressività sui portatori avversari. Quando i giallorossi attaccano invece si dimostrano spesso pericolosi, ma probabilmente per rivedere il ritmo del finale della scorsa stagione servirà un miglioramento della condizione atletica.



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